08 luglio 2007

"Stay free, stay good"

Una delle tante cose che mi rendono consapevole del culo avuto a vivere a Roma è vedere i concerti al teatro romano di Ostia Antica.
Ogni volta penso che cosa si può provare a suonare tra i mattoni che stanno lì da duemila anni con lo stesso scopo, messi su quando non c'erano né microfoni, né fari alogeni, né Marshall.

Daydream Nation è il disco che tutti dovreste avere.
Aspettate, lo so che ve l'hanno detto tutti, che i giornali musicali fanno di queste classifiche a cadenza semestrale, che tutti i vostri amici e soprattutto me vi avranno detto "ma questo è un disco fondamentale" parlando di mille e mille dischi.

Be', dimenticatevene.
Per una volta oltre alla sentenza vi darò la motivazione.

I Sonic Youth sono il gruppo per cui sono esistiti i Pixies, i Nirvana, I Blonde Redhead e pure i Marlene Kuntz e chissà quanti, che altrimenti avrebbero fatto altro.
Allmusic definisce il loro successo "improbabile", e ne ha ragione.
I quattro newyorchesi arrivarono nella scena musicale americana mettendo insieme il casino punk e la sperimentazione con l'aiuto di Glenn Branca, avanguardista inventore del termine "wall of sound", il muro di suono, la loro caratteristica sonora.

La musica dei Sonic Youth è questo, una bordata di chitarra in cui è impossibile distinguere note e accordi ma che sono comunque musica, in cui si può rallentare ma l'accelerazione è sempre in agguato, in cui le canzoni hanno una struttura complessa ma possono anche essere un messaggio registrato in segreteria con sottofondo di pianoforte.

Ma soprattutto i Sonic Youth sono un gruppo che ha sempre fatto politica ironizzando.
Ironizzando sull'America degli anni '80, su Reagan, sull'edonismo, su Madonna.
E il doppio Daydream Nation, la nazione del sogno a occhi aperti, di quell'ironia è il trionfo.

Preceduto dagli Zu, una band batteria basso e sassofono enorme che ha sicuramente studiato un po' da loro e un po' dal jazz, Thurston Moore, il chitarrista che non invecchia mai, va al microfono e dice "Daydream Nation"

L'attacco di Teenage Riot è un po' rilassato, io sono qui per Silver Rocket, la seconda, ecco Silver Rocket, ed ecco il muro del suono, essì cazzo, c'è gente che vola per terra e bottiglie di schifossissima Bavaria ma io sto sentendo Silver Rocket, e 'Cross the Breeze che aspetto da sette anni, let's go walkin' on water, i wanna know, I WANNA KNOW, e Hey Joni che è il momento di gloria di Lee Ranaldo che mitraglia note, e Providence dove si vanno a bere qualcosa tanto c'è la segreteria, e Candle che per loro è quasi un pezzo pop ma qui il pop non esiste e non è mai esistito.

E dopo il quarto d'ora psichedelico di Trilogy qualcosa dall'ultimo Rather Ripped, doppio bis, gran serata, l'amico M mette il CD di Daydream che ci accompagna a casa e che avevamo già sentito all'andata.

("ma è stato bello?"
"te che dici?"
"mejo dei violent femmes?"
"e nun lo so, devo decide"
"ma avete pogato?"
"avoja, me so' magnato 'na cifra de porvere, pensa c'era 'na roscia che s'era persa 'na scarpa, ha visto tutto er concerto gobba pe' cercalla, e quanno è incominciato er pogo l'hanno pistata come l'uva")

6 commenti:

  1. Splendido post.
    Mi piace molto daydream nation, anche se il mio preferito è dirty

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  2. Dirty vs. Daydream Nation è la dicotomia Sonic Youth per definizione.

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  3. silver rocket dal vivo anni fa mi aveva letteralmente "portato via"...

    magistrali

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  4. Ma si dice che il bassista misterioso apparso nei bis per sostituire kim passata alla chitarra è il tizio dei pavement. confermi?

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  5. Sì, è il bassista dei Pavement.
    Ma non era un mistero, si sapeva che era in tour con loro
    :-)

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  6. e pensa che se ci andavi anche la sera prima ci trovavi Barbara Chiappini!

    viva 'cross the breeze!!!

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