25 giugno 2008

Ho un altro progettino in corso, ma talvolta ci sono cose che vanno scritte

Qualcuno di voi lettori saprà che i miei raccontini dei concerti, che solo con molta benevolenza possono essere chiamati recensioni, vengono copiati anche sul mio blog di last.fm, che è l'unica altra applicazione sociale a cui tengo un po'.
A parte qualche frociatina della piattaforma, come l'evidenziazione degli artisti o delle canzoni, sono del tutto identici a quelli pubblicati qui.

Essendo ospitato non ho statistiche di accesso al blog parallelo, e forse non avrebbero neanche molto senso, dato che lo scopo di last.fm è quello di trovarsi per affinità musicale, più che per linkaggio.
Però ci sono i commenti, quelli strani in cui bisogna mettere anche il titolo, alla livejournal per capirsi.

Ieri ho ricevuto un commento dall'utente Moro-89-, il cui nick tradisce un età minore della metà della mia, sul mio racconto del concerto dei Depeche Mode.
Moro è evidentemente più competente di me in materia DM, e più che un commento ha scritto un articolo vero e proprio che secondo merita qualcosa di più del suo status attuale.
Se siete appassionati del gruppo di Martin Gore vi consiglio di leggerlo.

(Sul fatto di sentire un adolescente parlare già come un vecchio rompicoglioni, cioè come me, tipo "i primi dischi erano un'altra cosa", ho già scritto, e guardacaso c'entravano sempre i Depeche Mode)

24 giugno 2008

Forse all'ultimo non ce l'ha fatta


Viale Fernando Santi, oggi pomeriggio.
Qualche titolo ve lo posso dire.

21 giugno 2008

Il culo scorre potente in quest'uomo


Tanto di cappello, mai vista una nazionale mantenere la concentrazione fino all'ultimo secondo come questa Turchia.
I croati hanno beccato un gol che manco i pulcini.
I tedeschi farebbero meglio a tenere il loro allenatore in tribuna, pare porti meglio.

19 giugno 2008

Prima o poi è successo a tutte


Si può dire una cosa con incrollabile certezza: se non avessero incontrato Grace Slick, dei Jefferson Airplane non avremmo mai sentito parlare.
Contralto potente, frontwoman naturale, e anche gran gnocca, forse seconda soltanto a Michelle Phillips dei Mamas and Papas, che però aveva dalla sua cinque anni di meno.
Da brava ragazza Grace portò anche la dote, due canzoni della sua precedente band, i Great Society: Somebody to Love (scritta dal fratello Darby) e White Rabbit (sua).
Il pezzo del video, un po' meno noto, è stato ed è ancora una sorta di "canzone del neo trentenne".
In realtà chiede al suo uomo di smettere di fare il bambino.

18 giugno 2008

Poi ha fatto il produttore


Il glam è lo sdoganamento, almeno visuale, dell'estetica frocia nel rock: sembrare una donna non è più reato.
Quello vestito da gelataro è Brian Ferry quando aveva venti chili di meno, quello che suona il tamburello con le piume sulla schiena è Brian Eno.
(grazie a fB, tanto per cambiare)

17 giugno 2008

Quota dell'avvenire

"Nelle quote sull’accoppiata gruppo D, la favorita ad accompagnare la Spagna è però la Svezia, a 1.47, mentre la qualificazione dei sovietici è a 2.50."

Guardiamo il lato positivo: è stata eletta una donna

C'è un posto in cui c'è una sola candidata.
Il 60% (sessanta!) va a votare per la candidata unica, che prende il 100%.

Non in Cina, in Sardegna.

Comunque la percentuale è simile a quella delle otto province siciliane, dove dicono che ci fossero anche altri candidati.
Dicono.

16 giugno 2008

Un paese di cui si salvano solo due persone (perché le altre due sono inglesi)

Dire Irlanda in Italia è generalmente dire verde, Guinness, musica, sport buffi, gente amichevole che si chiama sempre Patrick o Mary.
È l'immagine da turista o da film, quella che in fin dei conti chi non ci vive ha anche il diritto di avere.
Basta però leggere Dubliners di Joyce per incontrare un Irlanda decisamente meno attraente, provinciale, bigotta, arretrata, malata di complesso d'inferiorità nei confronti degli inglesi.

Intendiamoci, Joyce era uno snobbone con i fiocchi, benché Dubliners sia una delle sue poche opere leggibili senza adeguata preparazione atletica, e The Dead una delle più belle cose mai scritte da un mammifero.
Leggendo però qualcosina di più recente, legata al noto referendum sul trattato di Lisbona, non sembra che sia così datato.

I problemi buttati nel calderone dalla campagna del No erano semplicemente ridicoli.
L'introduzione del diritto all'aborto, che a quanto pare preoccupa meno delle migliaia di ragazze che viaggiano a questo scopo nell'odiata isola vicina, la neutralità, evidentemente escludendo l'uso militare americano dell'aeroporto di Shannon, l'immigrazione dai paesi dell'est, e sentire un'irlandese che si lamenta dell'immigrazione è comico quasi quanto sentire un calciatore italiano che dice che le partite biscottate sono una cosa che non sta bene e non si fa.

Così adesso la croce è addosso all'Irlanda, ma in quanti paesi UE un referendum sul trattato di Lisbona sarebbe passato?
L'Unione Europea è oscura, non c'è dubbio, appare una specie di aristocrazia di cui non si capicono assolutamente i processi (sbagliando).
Chiedendo al cittadino qualunque chi prende le decisioni a Bruxelles si otterrebbero sguardi smarriti, il più delle volte.
E tutte le cose oscure fanno paura.

Ma l'Unione Europea non ha mai messo le mani nelle norme che regolano la vita quotidiana, le leggi sui diritti civili, sul lavoro, sulla famiglia, sono tutte fatte dai singoli stati.
Al massimo fa qualche raccomandazione verbale quando qualcuno esagera, tipo citare in un decreto legge sulla sicurezza un popolo specifico come pericoloso.

L'interesse dell'UE è quello di accertarsi che se un azienda di Atene chiedesse a una di Parigi mille tubi da tre ottavi, non si vedrebbe consegnare delle condotte fognarie o delle cannucce per la Sprite, o che se un azienda di Varsavia mi rilasciasse una ricevuta, il tribunale di Madrid non potrebbe venirmi a dire che io non ho pagato perché quella non è una ricevuta.

O magari tenere insieme la PAC, la Politica Agricola Comunitaria, quel'ammasso di norme iperprotezionistiche, sempre criticate ma mai toccate, senza le quali i nostri lagnosissimi agricoltori avrebbero già venduto i terreni come edificabili, e Milano avrebbe i quartieri sul Po.

Io credo che l'UE non c'entri molto, ma che c'entri invece che oggi, per colpa di tante cose che so e di tante che invece ignoro, si trovino orecchie disposte ad ascoltare proclami sul genere "bruceranno le vostre case violenteranno le vostre donne", privi di senso, ma che purtroppo funzionano.
Magra consolazione quindi, siamo in buona compagnia.

Le fantastiche idee di Tremonti, uno che in sostanza dice che i cinesi dovrebbero restare poveri perché non c'è ricchezza per tutti, fanno breccia anche a Dublino.
È giusto che gli indiani non abbiano questa pericolosissima automobile a due soldi, perché già noi occidentali ne abbiamo due a testa, e così aumenta l'inquinamento.
È giusto che i cinesi si riscaldino con la legna, perché il petrolio serve a noi per tutti i condizionatori, e poi aumenta di prezzo.

Cito una mia amica, una frase di tanti anni fa: "quando le cinesi cominceranno a usare gli assorbenti che abbiamo noi occidentali, non basterà neanche l'Amazzonia".
Paura, eh?

12 giugno 2008

Il titolo dell'anno è quello di Martha Wainwright: "I Know You're Married But I've Got Feelings Too"

Tra i blog che linkano questo c'è quello di Guia Soncini, neonato blog a supporto editoriale.
Non la conosco, ma ne sento parlare spesso, ho passato qualche PDF scritto da lei, so per certo che ha letto un mio post.

Lei mi incolonna in "parlano di questo blog...", ma è vera questa cosa?
In un certo senso sì, ma solo a causa di uno dei tanti gadget impiccioni di questa simpatica pila di fagioli detta blogopalla.

Io non ho parlato del blog di Guia, ma ho segnalato un suo post sul servizio di Google che si chiama elementi condivisi, o Shared Items se preferite, che fa la stessa cosa degli arcinoti Digg o del.icio.us, ammesso che li usi ancora qualcuno, o del più modaiolo Tumblr, almeno per come viene generalmente usato.
I miei elementi condivisi, che vi invito a leggere se no che li condivido a fare, sono qua.

Fatto sta che una sorta di potentissimo automatic immediate trackback collector, il quale a quanto pare esiste e si chiama Kramer e non somiglia a Dustin Hoffman, ha visto l'elemento condiviso e ha detto "anvedi!", riportando un link che non merito, per giunta da un post che non c'entra niente.

Allo scopo di meritarmi la posizione, e di far lavorare il solerte Kramer, vi invito a leggere questo.
Perché questo? Perché sono un vecchio niusgrupparo e i messaggi di insulti scritti in maiuscolo mi causano sempre un po' di lucciconi.

03 giugno 2008

Ma nessuno dice che anche se avessimo truccato il referendum del 2 giugno avremmo fatto comunque bene? E a voi la nuova favicon di Google piace?

Un anonimo, nei commenti, mi chiede un parere sulla faccenda strisce blu, magari pensando che io sia competente in materia.
Essendo generalmente scooterista, posso dire che delle strisce blu me ne infischio con allegria, ma è anche vero che non so resistere alle richieste di post.
Ho aspettato un paio di giorni perché con il ponte non mi avrebbe letto nessuno, brutti scansafatiche, ed è ora di cominciare.

Affronterei per prima la questione della proprietà della defunta STA da parte della Palombelli.
Mi sembra inutile portare delle prove del fatto che sia una colossale balla, ma malgrado questo ho potuto constatare che anche persone che reput(av)o in possesso di neuroni l'hanno bevuta.

La cosa può spiegarsi in due modi, non esclusivi.
Il primo è l'eterno italico diffidare delle istituzioni, e non c'è molto da farci. Basta raccontare una storiella su un potente del tipo "s'è fatto la villa" o "manda le figlie dalle Orsoline" per ottenere sorrisetti complici.
Il secondo è il fatto che Barbara Palombelli è oggettivamente simpatica come un autogol al derby.

Non posso sapere quanti voti ha spostato questa frescaccia, ma è forse il caso che noi piddini cominciassimo a chiederci che razza di comunicazione abbiamo, anche su cose più serie.
I tempi delle nostre leggendarie agit-prop che fine hanno fatto? La stanza del caminetto ha le pareti così spesse?
Lo proporrò come tema per la prossima daje night.

Per quanto riguarda le strisce blu, forse è il caso di fare un po' di storia.
I parcheggi stradali a pagamento sono stati introdotti da Rutelli, cominciando da via Appia Nuova.
Perché da lì?
Perché via Appia Nuova è una strada da shopping ma non è una strada centrale, e quindi oltre alle vetrine ci abita pure un sacco di gente.

Una cosa abbastanza tipica di queste vie, come anche via Ugo Ojetti o viale Marconi, è quella di essere state costruite quando già l'automobile cominciava a essere la modalità di trasporto dominante, ma fregandosene, con il risultato che la commistione tra la vocazione commerciale e la mera residenza è diventata semplicemente impossibile.
(Questa considerazione è di Italo Insolera, non mia)

Ma siccome è inutile piangere sul cemento versato, alla fine il problema resta che i residenti di quelle zone di pomeriggio o di sabato possono raccomandare l'anima a chi vogliono, ma di parcheggiare non c'è verso.
Ecco quindi l'idea, originale per l'Italia ma non per il resto del mondo, di scoraggiare la sosta facendola pagare.

E a questo punto parte un italianissima spirale, da un lato il Comune comincia a farci i soldi e ci prende gusto, dall'altro i residenti di zone altettanto iellate, ma non solo, cominciano a chiedere le strisce blu, dato che chiaramente loro in quanto residenti non pagano.
Centro storico, vie commerciali, quartieri con strade un po' strettine, poi quelli ad alto tasso di vita notturna, una pennellata all'asfalto non si nega a nessuno.

In tutto questo poco aiuta la buffa dicotomia della multa, gli ausiliari per le strisce blu, la municipale per tutto il resto.
Così se non ti va di pagare, o non hai i soldi per tenerla dieci ore ferma, la puoi sempre lasciare da delinquente, tanto i vigili passano meno spesso dei contatorini gialli della STA, e magari sei fortunato.

Se devo essere sincero, la cosa che mi preoccupa della decisione del Comune non è il mancato introito, che un comune può sempre tamponare, ma che vita torneranno a fare i residenti delle zone di rilevante interesse urbanistico (i miei complimenti per la definizione).
Perché, con il contributo del CODACONS che non mi stupisce più di tanto, è ormai chiaro quali sono i diritti dell'automobilista romano.

L'automobilista romano ha il diritto di parcheggiare il suo SUV o il suo furgone da fruttarolo, che qualcuno chiama "monovolume", gratis e dovunque ritenga opportuno comprare le ballerine alla figlia o le pile della digitale nuova.

L'automobilista romano ha il diritto di andare un po' dove gli pare. ZTL? Ma ZTL de che? Io devo anna' a Trastevere aó!

L'automobilista romano ha il diritto che i lavori per le nuove metropolitane comportino al massimo una buchetta di dieci centimetri di diametro, e per non più di una settimana. Possibilmente senza lavorare di notte, se no lo svegliano.

L'automobilista romano ha il diritto di non pagare la sua tangenziale, cioè il Raccordo, a differenza dei napoletani o dei milanesi o dei torinesi, e malgrado il GRA sia gestito dall'ANAS, che è pagata dalla fiscalità generale, e quindi anche dai napoletani, dai milanesi e dai torinesi
Che così pagano anche la nostra, oltre che la loro.

Quindi, cari residenti di Piazza dei Re di Roma, piantatela di rompere le palle e traslocate in quel di Primavalle, strade belle larghe e la certezza che i non residenti di parcheggiare lì non se lo sognano nemmeno.
Tanto è proprio la gente di quelle parti che ha eletto il nuovo sindaco, giusto?