31 dicembre 2009

Avessimo fatto le primarie per l'allenatore a quest'ora non ci sarebbe Ranieri, eppure siamo quarti con Burdisso in difesa

Non so se ho mai scritto un post di fine anno, ma siccome questo è stato un anno emozionante, sotto tutti gli aspetti che possono emozionare un essere umano, è il caso di farlo.

Due cosette, la prima, un giorno mi arriva un SMS così:

"saresti libero per fine luglio destinazione dublino per vedere i 4 bastardi?"

Era febbraio, le date non erano ancora state pubblicate, eppure lui sapeva già.
A Dublino ci sono andato, e oltre a dimostrare che alla faccia dei nutrizionisti si può vivere per quattro giorni di solo Burger King, direi che dalle nostre facce potrete intuire se ne è valsa la pena.

Secondo, saprete che il mio terzo lavoro, dopo quello con cui mi pago i vizi e quello di cercare i benzinai che accettano il bancomat, è fare il presidente di sezione.
Questo mi ha permesso di essere (credo) il primo presidente in diretta streaming della storia repubblicana, cosa della cui legalità ancora dubito, ma a questo punto chi se ne frega.

Che ho fatto? Leggevo i voti collegato via cellulare ai miei amici buontemponi che si divertivano alla Daje Night (Pronti a Perdere Insieme), o per meglio dire li urlavo e la segretaria li ripeteva.
In questo modo, oltre a intuire per primi rispetto al resto del paese l'ascesa di Topo Gigio, ho anche trovato degli amici.
Amici sì, perché mi hanno aspettato fino alle due e mezza di notte, a spoglio finito, accolto come un eroe, e una mi ha perfino detto "fatti abbracciare".

Anzi, per chiudere il cerchio vorrei dire che il direttore delle news di Red Tv, che incidentalmente ho avuto fortuna di conoscere proprio alla prima Daje Night, ha scritto un bellissimo libro.
Leggendolo ho scoperto perché i miei amici dajisti hanno chiamato il loro foglio "Pattuja".
Per un vecchio informatico come me, vedere certe confluenze è il modo migliore per finire l'anno.

Oltre a ringraziare Gabriele per i biglietti.
Buon 2010.

29 dicembre 2009

Strade di fuoco (34) - Amici toponomastici tour

Via Illorai
Zona Ponte Galeria (Municipio XV)
Salitona da ridotte in quel della Portuense, che è una delle mie strade preferite, e insieme alla Collatina una delle due strade di sangue blu a non avere l'uscita sul raccordo.
Finito l'abitato, la collina di Corviale e il suo più sinistro simbolo aprono un tratto di campagna e boschi, e dopo un po' di curve e salitelle si va dritti come un fuso a Porto, oggi frazione di Fiumicino, che dà il nome alla strada e dove c'è il porto di Traiano, quello esagonale.
Tutti piccoli comuni sardi da queste parti, con questi nomi che non sembrano neanche italiani, ma lo strato italianizzato di qualche lingua remota e inintelligibile.
Come poi è la Sardegna, con lo strato per i passanti fatto di mirto e spiagge, e quello conosciuto quasi solo ai nativi che convive con la maledizione scagliatale dall'impero più famoso del mondo.
Che usava l'isola, senza troppi complimenti, per spedirci i rompicoglioni.

Strade di fuoco (33) - Amici toponomastici tour

Via Ceglie Messapico
Zona Torre Angela (Municipio VIII).
Ormai si può definire come è fatto un quartiere "alla Torre Angela": strada principale che fa da spina dorsale, nel caso specifico via Monopoli, e traverse strette senza marciapiedi, che agli abusivi non interessano.
Questa è quella che i romani chiamano proprio Torre Angela, con tanto di cartello all'inizio.
Oggi si ritrova stretta tra il raccordo e via di Tor Bella Monaca, che per chi non lo sapesse è una lunghissima superstrada.
La "chiusura" non le ha fatto bene, peggiorando una situazione che già rosea non era, e rendendola uno dei posti meno vivibili della capitale.

22 dicembre 2009

Corridoi

Qualche tempo fa c'è stato un evento politico con qualche strascico polemico, strascico che in Italia non sarebbe una gran notizia dato che non ce ne mancano, ma in questo caso la vicenda non era del tutto italiana.
Parlo della nomina dell'alto rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri e la sicurezza comune, detto anche Mister PESC, che è un po' meno noioso del nome ufficiale.
Pareva dovesse essere Massimo D'Alema, o al limite David Milliband, e invece sarà la semisconosciuta Caroline Ashton.

Non perderò tempo con i dietro le quinte che avrebbero portato alla mancata nomina, e tantomeno con le dichiarazioni a casaccio dei vari politici, in particolare di Di Pietro del quale ormai si è persa memoria dell'ultima volta che abbia detto qualcosa di sensato.
Avevo scritto dell'Unione in un altro post, di cui questo è una specie di seguito, quindi si parla più che altro di Europa.

Il primo problema da affrontare quello che a me sembra un errore storico di percezione, e cioè il fatto che l'Europa sia una specie di potere terzo, autonomo rispetto a quelli nazionali.
Ecco, non è così.

L'Europa è, per usare le parole di Emma Bonino, i paesi che la compongono.
Non è qualcosa che sta in cima alla scaletta comune - provincia - regione - stato.
Immagino che molti italiani, vista la miseria che talvolta capita di osservare in patria e dimenticandosi che l'esterofilia è sempre provincialismo, la preferirebbero così, ma purtroppo per loro si sbagliano.
Eleggiamo sì un parlamento, ma non ha quasi nulla del potere e dei compiti di quelli nazionali.

Il vero potere nell'Unione è quello dei singoli governi, esercitato attraverso il Consiglio Europeo.
Un piccolo esempio per essere più chiari: sapete tutti che per entrare nell'area Euro bisogna rispettare certi indicatori economici nazionali come debito pubblico, inflazione e altri.
Una volta ammessi gli indicatori devono essere ovviamente mantenuti, pena l'applicazione di multe.
Chi decide se un paese va multato? L'ECOFIN. L'ECOFIN è l'assemblea dei ministri delle finanze dei paesi dell'Unione.

La decisione viene quindi presa da un organismo che tecnicamente non viene eletto da nessuno, formato da gente che viene continuamente sostituita, in caso di elezioni o rimpasti, e che soprattutto prende una decisone politica, altrimenti potrebbero metterci tranquillamente un foglio excel a fare le stesse cose, e il foglio excel ci direbbe oggi che la Grecia dovrebbe essere multata, e invece non lo sarà.
L'Unione Europea concreta, quella che prende le decisoni che contano, non è quindi un'istituzione, ma piuttosto la somma delle singole istituzioni statali.

Veniamo alla PESC, e soprattutto a capire cosa significa questo curioso acronimo.
La PESC è la politica estera e di sicurezza comune, e non è un'invenzione di oggi, ma era già nel trattato di Maastricht, quello che in pratica definisce l'Unione come la conosciamo e viviamo oggi.
Senza inventare nulla, prendo il pezzetto del trattato di Lisbona:
"The Union shall have competence, in accordance with the provisions of the Treaty on European Union, to define and implement a common foreign and security policy, including the progressive framing of a common defence policy."

Il trattato di Lisbona è un bel casino.
Vi starete immaginando un pregevole volume rilegato in pelle con scritte dorate, ma sareste fuori strada, perché è invece scritto come serie di emendamenti ai trattati preesistenti, che non sono neanche pochi, rendendolo di lettura non proprio agevole.
Se non siete studenti di Scienze Politiche con un bel po' di tempo da perdere vi dovete fidare, e se vi fidate vi spiego perché io alla PESC non ci credo.
(per gli interessati comunque il trattato è qui, così vi risparmiate di passare per il sito della non esattamente graziosa commissaria Ashton)

La frase in inglese riportata sopra mette in chiaro un concetto chiave, la politica estera e di sicurezza implica per definizione la difesa, quindi forze armate, controspionaggio, ricerca militare, caserme.
Basterebbe già questo per tagliare le gambe ai sogni, dato che tutto questo a livello europeo non esiste neanche in embrione.
Ma non è solo questo.

Nell'attuale Unione ci sono paesi che fanno parte della NATO e paesi che non ne fanno parte, paesi che hanno basi straniere sul loro territorio, generalmente americane, e paesi che non ne hanno.
I paesi ex colonialisti hanno ancora rapporti privilegiati con le ex colonie, quelli che confinano con qualche stato importante ma non dell'Unione devono comunque fare i conti con l'ingombrante vicino.
È perfino superfluo ricordare che nelle crisi recenti più rilevanti l'Europa è andata allegramente in ordine sparso, come nel caso dell'invasione americana in Iraq o peggio ancora nella serie di guerre nella ex Iugoslavia.

Ora, la California e l'Arizona possono avere leggi diversissime, ma la loro politica estera è una soltanto, e lo stesso vale per il Molise e la Lombardia, malgrado Formigoni.
Cercando di essere ancora più astratti, una politica estera è una delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, affinché una comunità possa chiamarsi stato, o per dirla logicamente meglio non può esistere una cosa chiamata stato che non abbia una sola politica estera e una sola difesa (e una sola moneta, ma quella più o meno già c'è).

Se la Latveria, ipotetico membro dell'Unione, avesse degli importanti contratti di fornitura di gas con la Symkaria, e quest'ultima fosse sconvolta da un'improvvisa guerra civile che li mettese a rischio, come dovrebbe regolarsi Mister PESC?
Sarebbe sufficente l'esperienza di un ministro degli esteri e magari pure presidente del consiglio per far trovare una sintesi decente agli 26 governi?

Anzi, volendo fare un po' di fantapolitca e dietrologia, potremmo addirittura pensare che un politico comunque di rango come D'Alema non avrebbe voluto sedersi su una poltrona di grande prestigio ma vuota, con un potere perfino inferiore a quello di Viviane Reding, la (sempre sia lodata) commissaria che ha imposto il tetto al costo degli SMS in tutta l'Unione.
Sappiamo che non è andata così, sappiamo che le nomine sono il risultato di veti, ancora una volta, dei singoli governi, su questo o quell'altro nome.
Io comunque al posto suo ci avrei pensato due volte.

02 novembre 2009

Strade di fuoco (32) - Amici toponomastici tour

Via Santa Maria Capua Vetere
Zona Torre Angela (Municipio VIII).
Siamo poco lontani dalla precedente via, in un piccolo quartiere detto Colle dei Monfortani. Pensavo a una famiglia nobile proprietaria dei terreni in passato, ma a quanto pare i monfortani sono dei missionari e hanno una sede lì vicino.
Le strade hanno tutte nomi di comuni campani abbastanza noti tranne quella principale che si chiama via Pecoreccia di Torre Angela, su cui preferirei astenermi da considerazioni.

28 ottobre 2009

Strade di fuoco (31) - Amici toponomastici tour

Via Andria
Zona Torre Angela (Municipio VIII).
I comuni pugliesi più noti si trovano al Quarticciolo, ma si vede che ne era avanzato qualcuno e l'hanno messo qui dove per qualche ragione ci sono solo comuni meridionali per chilometri.
Non dovete farvi ingannare dal nome Torre Angela, la zona in realtà è enorme e comprende diversi "quartieri", tra cui l'omonimo e gli altrettanto noti Tor Bella Monaca, Torrenova e altre torri assortite.
L'unica cosa che hanno in comune è quella di far schifo, tutti, indistintamente.
Sull'altro lato della Prenestina c'è Ponte di Nona, quartiere simbolo della cosiddetta Veltronomics, neologismo che significa "costruisci un po' dove cazzo ti pare", e che fa schifo lo stesso, ma ha l'aggravante di essere stato costruito trent'anni dopo. Almeno qui erano case di poveracci e lo sapevano.
Unico punto notevole della zona è il centro sportivo della Borghesiana, talvolta utilizzato dalle nazionali di calcio e, cosa che non sapevo, privato.
(Per chi si tesse chiedendo il perché del 31, la ragione comincia qui. È solo che all'epoca non conoscevo gente di Andria)

22 ottobre 2009

A verbale

La decisione del Circolo degli Artisti di iniziare i concerti alle 21 trova la mia incondizionata approvazione.
In una città dove la parola cena non viene neanche pronunciata se non sono calate le tenebre è un rischio non da poco, ma spero sia premiato.
Per dire, lunedì scorso HTRK e Fuck Buttons hanno finito tutto a mezzanotte meno venti.

Tanto per spendere due parole, gli HTRK sono un gruppio australiano talmente tenebroso che al confronto i Dead Can Dance sembrano quelli che cantano la sigla di Candy Candy.
I Fuck Buttons sono da non perdere, l'unico gruppo seriamente industrial in circolazione.
Fanno una specie di unz unz rumoroso, poi ci mettono un po' di percussioni esotiche e la voce modificata usata come strumento alla maniera di Burial o Battles, che va tanto di moda in questi anni zero e tanto per citare due tizi a vanvera che fa tanto recensione seria.
Non eravamo tantissimi, ma tanto sono di Bristol, se ve li siete persi ricapiteranno presto.

19 ottobre 2009

B-side (3)

Corviale
Ancora Corviale, come nel primo post della serie.
L'unica differenza è che stavolta conosco quella che ha fatto le foto.
Lei le fa spesso così, che sembra che c'è un sacco di sole e non c'è nessuno in giro, tipo che sembra che stai in Marocco.
Invece è la Portuense.

28 settembre 2009

Togliatti

Ci sono alcune persone che si iscrivono a parlare, hanno tutte sessant'anni o più, si devono interrompere quando passa il Cotral per Monterotondo che copre qualunque suono.
Nella sala siamo forse in venti, su un totale di più di trecento iscritti.

Le parole sono originali, "istanze del territorio", "donne negli organismi dirigenti", "disaffezione della base" e via così, con qualche "non è venuto nessuno da Roma" e "è un problema di Roma", che se non fossero metonimie a otto chilometri dal raccordo farebbero anche sorridere.

Poi, quando arriva l'ora di pranzo, siamo al "mi sono montato il gazebo da solo".
Per fortuna non esce "c'è dietro D'Alema", magari perché fa paura solo ai giornali e non ai militanti, o magari perché temono che si manifesti in una nuvola di zolfo.

Non si può giudicare un partito da una sezione, anche se la speranza che questa sia la peggiore d'Italia è abbastanza forte.
Non c'è segretario ma un gruppo di reggenti, le convocazioni non sono arrivate quasi a nessuno o sono arrivate la mattina del sabato, quando chi si è preparato la gita domenicale non ha più la minima intenzione di cambiare idea.

I presentatori della varie mozioni dicono quello che i loro segretari dicono da mesi, forse in modo più diretto e veemente, ma certamente non nuovo.
Nessuno di loro è di qua, perfino il garante mandato dal partito viene da un comune a cinquanta chilometri di distanza.

Ce ne vuole di cuore per credere che questa armata allo sbaraglio possa un giorno sconfiggere la parte avversa, quella ormai talmente tracotante da potersi permettere, non trovandone altra, l'opposizione dall'interno.
E ce ne vuole di cuore per non dire davanti a tutti che questo disastro è stato voluto, che non è il risultato dei colpi ben piazzati dell'avversario ma una tappa di una corsa conclusa, e voglio sperare sia conclusa, in modo pessimo.
Quanto necessaria fosse questa tappa non lo so, e credo che neanche sia più importante, sono l'ultimo arrivato, e rimango zitto ad ascoltare.

Penso a un paio di elettori che conosco tra i tanti, un pensionato dell'ATAC e una casalinga, facendo finta per una volta che la parola casalinga non suoni come proveniente dall'età del bronzo.
Come milioni di altri hanno votato per il PCI, PDS, DS e oggi PD, e l'hanno fatto senza conoscere probabilmente mezza riga del programma, ammesso che ci fosse stato.

Hanno votato sempre senza farsi tutte le domande che mi faccio io, e non perché fossero sempliciotti di facile manipolabilità, ma perché erano, sono, e moriranno convinti che chi li rappresenta in Parlamento sia migliore di loro.
Perché credono che le persone a cui delegare la difficoltà a trovare un lavoro, i prezzi folli di case e affitti, i sei mesi per farsi fare una TAC, perfino le buche per strada, debbano essere a un livello di preparazione e capacità di risolvere i problemi che chi ha da lavorare per campare semplicemente non ha.

Hanno mandato giù a fatica il cambio del nome, "'sta parola, comunista, ormai nun va più bene", ma continuano a credere che Berlinguer, Occhetto, D'Alema, Veltroni, addirittura Natta e Franceschini fossero e siano degni di fiducia, altrimenti non starebbero là dove stanno.

Mi aspetto questo, mi aspetto che al prossimo leghista che apre la bocca il segretario del PD ricacci in gola le frescacce che dice, magari chiedendogli come si sposa la lotta all'immigrazione clandestina con la sanatoria delle badanti, tanto per fare un esempio.
Esempio che come altri non so più quanti non mi è ancora capitato di sentire.
E possibilmente prima che lo pensi io, o al massimo mezza giornata dopo.

22 luglio 2009

One step beyond

È da quando gironzolo per questo web che sento parlare, un parlare sempre inteso come metafora di scrivere, perché sul web si scrive, non si parla.

Sento parlare di aziende che snobbano la Rete, poi di aziende che ascoltano la Rete perché i mercati sono "conversazioni", poi di artisti che ignorano le nuove tecnologie, poi di artisti che affrontano le nuove tecnologie, e mettono i soliti quattro mp3 in streaming sul myspace e sono amici di tutti.

Sento parlare di politici che non conoscono Facebook, poi di politici che hanno Facebook, poi di partiti che fanno le primarie su Facebook, poi di partiti che perdono le elezioni, non quelle su Facebook, quelle vere, quelle fatte con un pezzo di carta analogico che più analogico non si può.

Sento parlare di interessanti riunioni, quella in cui il tema è il lavoro e il giorno dopo si parla solo di quanto era bona la carbonara, quella in cui il tema è il rapporto tra le donne e le nuove tecnologie e il giorno dopo si parla solo di quanto erano bone le partecipanti.

Allora, a tutti quelli che parlano ho deciso di preferire chi certe cose le fa.
E con la maglietta dei Madness.

17 luglio 2009

La (il) fine dei commenti

Tempo fa il mio amico Alex scrisse un postarello, una foto di Hilary Duff con un portatile in mano nell'atto, almeno sembra, di "cercare campo" per una connessione wireless.

La foto faceva parte di una serie presa sul set di non so quale film, e non ha niente di speciale, niente glamour o upskirt che la possano rendere interessante, almeno per quei navigatori a caccia di roba del genere.
Poi siamo tutti d'accordo che è una bella ragazza, ma di sue foto trabocca il web.

Scrivo una considerazione sul nome fuorviante della foto, e mi iscrivo ai commenti successivi.
Già che ci sono vorrei dire che l'iscrizione ai commenti via email è la più grande invenzione dopo la rotella del mouse, sarei tentato di leggere solo blog che ce l'hanno, è fantastica, mi rilassa.

La uso sempre, ci sono ventole che girano vorticosamente, hard disk pieni, reti congestionate, e tutto per le mie iscrizioni.
Mi immagino sistemisti che smadonnano, "ma chi è 'sto cretino che ancora vuole leggere le risposte? ma perché non commenta su Friendfeed come tutti gli altri?"

Ma ho divagato, e insomma a un certo punto tra i commenti, tutti scritti con grafia adolescenziale, uno se ne esce che ha il contatto MSN di Hilary.
Sono passati quasi due anni, e continuano a chiederglielo.
E io a leggere.

04 luglio 2009

Questo è ℝ

Il presidente della regione Lazio, il presidente della provincia di Roma, il sindaco di Roma, l'ex sindaco di Roma e il capogruppo al senato del Popolo delle Libertà hanno appena rilasciato dichiarazioni di solidarietà.

Ai manifestanti iraniani? No, a Totti.

22 giugno 2009

Lo spiego in modo più semplice possibile

Signori, oggi si parla di Iran, un posto con una lunghissima storia, chi potrebbe dire di non averne mai sentito parlare?
La storia dell'Iran è molto semplice: ci sono stati un paio di imperi con nomi strani, tipo achemenide e sasanide, che avevano come hobby quello di perdere battaglie contro i greci.
Per circa duemila anni non è successo niente, poi c'è stato un re un po' stronzo che circa trent'anni fa è stato rovesciato da una rivoluzione di preti fascisti.
(le parole "prete" e "fascista" sono usate indifferentemente in questo post, essendo per chi scrive più o meno dei sinonimi)(Iran significa "paese degli Ariani", guarda un po' che coincidenza).

Per farla breve lì funziona così: c'è un consiglio di preti, non eletto, che controlla l'esercito e i servizi segreti, e in più decide chi può essere ammesso alle cariche elettive.
Le cariche elettive sono il presidente e il parlamento, che hanno un funzionamento abbastanza simile a quello occidentale, anche se in un'architettura del genere la loro rilevanza è gravemente menomata.
Le cariche elettive hanno importanza per quanto riguarda l'economia e soprattutto il petrolio, unica vera fonte di sostentamento, dato che i produttori di tappeti, che erano l'altro pilastro dell'economia, ora sono tutti a Roma e perennemente in liquidazione.

Il fattore sicurezza è piuttosto importante perché al di là di un normale esercito e una normale polizia l'Iran ha delle milizie aggiuntive, diretta emanazione dei preti: una sono i Pasdaran, vero e proprio esercito parallelo, e l'altra sono i Basij, che hanno conquistato la ribalta oggi anche se sono sempre esistiti.
I Basij sono dei volontari disarmati (teoricamente), che vengono addestrati alla carlona e buttati lì quando serve per questioni di sicurezza.
Sono insomma dei "volontari per la sicurezza", una cosa che in una democrazia non si è mai sentita.

Alle ultime elezioni si candidano Ahmadinejad, il presidente uscente, il capo di stato più trucido che si sia mai visto, e altri tre candidati. La parte riformista del paese decide di convergere su Mousavi, un moderato del tutto organico al regime, ma meno impresentabile dell'altro.
Ahmadinejad prende circa il 65%, alcune cose non sono molto chiare, insomma l'altra parte non ci sta ed esplode il casino.

Non è la prima volta che in Iran scattano ribellioni contro il regime fascioclericale, ma la differenza è che questa ribellione è armata di Twitter, e quindi rilancia slogan ed episodi al di fuori del territorio nazionale.

Cerco di fare ordine, perché dell'Iran ci frega qualcosa?
L'Iran è una dittatura, non è una democrazia, e non lo è mai stata.
È solo qualcosina in meno della Cina o della Birmania, ma comunque un paese lontanissimo da quello che per noi è "civiltà".
Eppure la Cina e la Birmania esistono, nessuno le minaccia se non a parole, e così esistono Cuba o la Corea del Nord.

Dell'Iran ci interessa (leggere "interessa ai nostri governi") la politica estera, e in particolare il presunto programma di armamento nucleare.
Perché quello che vuole l'Iran è fare la potenza regionale, non ci vuole un genio per capirlo, e non ci vuole un genio per capire che se lo può permettere da quando gli americani gli hanno gentilmente tolto di mezzo la contrada rivale, l'Iraq di Saddam.
Che beninteso era un altro posto di merda, ma nascere da quelle parti è iella, lo sanno tutti, e anche se il kebab è più buono sempre iella è.

Se domani arrivasse il prete capo a dire "abbiamo scherzato, aveva vinto quell'altro", che facciamo? Esultiamo?
Mousavi non mette in discussione la repubblica islamica, e neanche il nucleare, che a essere precisi non è sotto il suo controllo, ma di quello dei preti.
Non mette in discussione l'esistenza e l'uso dei paramilitari, che oggi picchiano e uccidono i suoi, ma domani potrebbero farlo con chiunque altro.
E questo perché quelle squadracce non stanno lì a difendere un candidato o l'altro, ma stanno a difendere la repubblica islamica, il regime dei preti fascisti.

E se vi siete impressionati per la ragazza qualunque che muore in strada avete fatto un passo avanti verso l'ovvio.
Perché si muore così, gli occhi vanno indietro perché il nervo ottico non funziona più, il sangue esce dalla bocca per il proiettile che le ha sfondato i polmoni.
E perché così riconosciamo i cattivi, perché così gli italiani di sessanta anni fa hanno fatto per capire chi erano quelli a cui sparare senza indottrinamento ideologico, perché i fascisti ammazzavano la gente.
E non c'è bisogno di Youtube, basta leggersi Persepolis di Marjane Satrapi (dai che è solo un fumetto, ce la fate).

Rilanciate pure i filmati, ma rilanciateli a quel fighettume di sinistra da sempre indulgente con il regime degli ayatollah, un po' perché antimamericano, un po' perché i comunisti iraniani, che si chiamavano Tudeh, inizialmente lo sostennero, finendo tutti come carne di porco, come si merita che si allea con i fascisti.
E se non fosse che non sono buono neanche a tirare le miccette a Capodanno, l'unica cosa che farei sarebbe andare ad armarli, quei pochi democratici rimasti lì.
Sembra che l'unico metodo che funzioni sempre sia quello messo a punto da un noto inventore francese, Maximilien Robespierre, poi applicato in altri casi simili, anche se uno spera sempre di sbagliarsi.

Per l'Iran allora proporrei una versione moderna del metodo Robespierre, che potrebbe essere applicato soltanto ai primi tre o quattro casi, essendo i fascisti generalmente dei vigliacchi.
A quel punto, una volta rimesse a posto le cose, il simpatico clero tornerebbe a fare quello che sa fare meglio in tutto il mondo: rompere le palle a chi scopa prima del matrimonio.
Restando generalmente inascoltato.

15 giugno 2009

4,80% is wrong

Non esistono foto di Luisella Costamagna nuda, fatela finita.
Lo so pure io che è bella, però non ci sono.
Neanche se le chiedete a Zappadu.

13 giugno 2009

21,06% can't be wrong

La capitale della Mongolia è Ulan Bator (Улаанбаатар, trascr. Ulaanbaatar)
(che mi dispiace che arrivate qui e non trovate risposta).

19 maggio 2009

Pioneer

Tra pochi giorni nel Lazio ci sarà il switch-off o il lookupswitch o una cosa del genere, che per quelli che non parlano da dementi vuol dire che il caro vecchio segnale dell'antenna va in pensione e si può usare solo il digitale terrestre.
Qualche giorno di utilizzo rigorosamente di mattina mentre faccio colazione e qualche impressione.

Quando si cambia canale ci vuole qualche secondo, come per i canali satellitari.
Per farsi capire meglio, se siete abituati al "premo bottone - nuovo contesto" alla Matrix, qui invece è più alla Lost, diventa tutto bianco, si sbarella un po' e poi cambia.
L'eventuale stronzata di Capezzone ve la dovete sentire fino alla fine.

C'è questo strombazzatissimo Rai4, che io pensavo fosse chissà cosa e invece fa vecchi film e vecchi telefilm come Melrose Place di cui speravo pensavo fossero andate bruciate perdute tutte le bobine.

C'è Repubblica TV che ha quattro programmi al giorno. Precisi.

C'è, grazie al cielo, BBC World.
BBC World ogni tanto ha un jingle dove c'è un mondo che gira e dei nomi di città che passano in mezzo.
Queste città sono solo ex colonie dell'Impero Britannico, e le notizie riguardano solo ex colonie dell'Impero Britannico.
L'epilogo della guerra civile in Sri Lanka lo seguivo lì da giorni.

C'è France 24 che mi ha consolato sullo stato del mio francese delle medie.

C'è un canale che si chiama Class News e non dico altro.

C'è un canale che si chiama Sportitalia e finora ci ho visto solo partite del campionato brasiliano.

E per finire c'è il Televideo. Anzi, no.

Premetto che io sono un amante del Televideo, mi piace quella grafica così Commodore 64, mi piace che le notizie debbano essere sintetizzate in poche righe senza editoriali di Galli Della Loggia o D'Avanzo, mi piace perfino cercare le previsioni del tempo in "Ligure e Tirrenico", come se Savona e Roma fossero la stessa cosa.
Capirete che avendo solo il tempo della colazione è una bella comodità.

Premi OK, poi premi "Televideo" (l'altra è "RaiLauncher", ignoro cosa lanci), e poi compare "Caricamento in corso".
Caricamento in corso??? Ma che è? Navigator del '96?
Non so come, il il Televideo del DTT è riuscito nella pressoché impossibile impresa di essere più lento di quello originale.

Aridateme er televideo vecchio, o per protesta guarderò solo Mediashopping.

13 maggio 2009

Piccoli Massimi

"dissento, il pargolo fa tutto da solo, una sera ci annunciato che era sua intenzione essere romanista e di sinistra, mi si sono inumiditi gli occhi a pensare che vita di merda lo aspetta"

(frattaglia su FF)

L'ultimo discorso di Berlusconi

05 maggio 2009

Liberi Nantes season finale

Se qualcuno si stesse chiedendo il senso del titolo, faccio un breve riassuntino.
La Liberi Nantes è una squadra fatta di rifugiati, di gente a cui le cose nella vita sono andate leggermente peggio rispetto a quelli a cui non si apre GMail.
Giocano in terza categoria da "fuori classifica", cioè non possono essere promossi in seconda, ma i risultati e i cartellini contano e quindi, almeno per chi li affronta, è partita vera.

Sabato alle 16:30 ultima partita al Fulvio Bernardini, Pietralata downtown, pozzolana polverosa e guardalinee per caso, e poi grande festa.
Un'ottima occasione per capire perché la vita somiglia sempre al calcio e non al golf, per comprendere una volta per tutte il fuorigioco, e magari per dire una volta tanto in un campo da pallone che le razze esistono solo per i razzisti.
Mettetevi qualcosa di blu, anzi, mettetevi qualcosa del colore che vi pare, a noi dei colori non ce ne frega niente.

(segue obbligatoria mappa, qui più grande)

10 aprile 2009

Barete (AQ)

Scrivo questo post senza sapere se il governo avrà deciso di accorpare la data del referendum con quella delle europee-amministrative, tanto mi tengo sul generale.
Ci sono pure un bel po' di link, quindi può essere lungo.
Ai bei tempi su Usenet si avvisava prima, quando c'era molto da leggere.

Il referendum in Italia ha delle regole, scritte nella Costituzione e piuttosto chiare.
Può essere chiesto da mezzo milione di elettori o da cinque consigli regionali, ed è soltanto abrogativo, cioè la legge deve già esistere, dev'essere già stata scritta e votata dal Parlamento.
E serve il quorum, la parolaccia latina che i costituenti si erano ben guardati dall'inserire nel testo dell'articolo 75, che significa semplicemente la maggioranza degli aventi diritto al voto.

Perché il referendum è regolato così?
Perché, nella visione dei costituenti, il referendum sarebbe servito solo nel caso ci fosse stato un vistoso contrasto tra il Parlamento, unico soggetto legiferante, e chi queste leggi avrebbe dovuto rispettare.
Il referendum non può essere chiesto da parlamentari, perché ovviamente l'opposizione ne chiederebbe uno al giorno.

È una formulazione che può essere discussa, come tutte le altre, nessuno dice che questa sia la forma migliore
Io però continuo a fidarmi di più di De Gasperi o Nenni piuttosto che di Di Pietro.
Il requisito del 50% viene di conseguenza, perché la sovranità del Parlamento non può essere messa in discussione da quattro gatti.
Un comune che decidesse di cambiare la sede del mercato darebbe retta a quindici persone? No. A quindicimila? Forse sì.
La legge votata della maggioranza parlamentare eletta dei cittadini può essere messa in discussione da un'altra maggioranza, se c'è.

Oggi la discussione è sul referendum che modifica la legge elettorale.
Per farla breve, abolisce le coalizioni, cioè chi vince non è l'aggregato di partiti, PDL + Lega, o PD + IdV, ma il partito da solo.
Alle scorse elezioni avrebbe avuto quindi la maggioranza assoluta il PDL (senza Lega), a quelle del 2006 l'Ulivo (per chi se lo ricorda), senza rifondaroli (per chi se li ricorda).
Implicitamente, la vittoria del Sì costringerebbe i partiti più piccoli a mettersi in lista con i più grossi, facendo sparire il proprio simbolo.

A me pare una legge di gran lunga peggiore dell'attuale, che già fa schifo, ma molti dei sostenitori del Sì ritengono che modificata in questo modo farebbe talmente vomitare da obbligare il Parlamento a farne una migliore.
Speranzosi.

Chi vuole la vittoria del Sì chiede l'accorpamento delle date, perché le europee e le varie amministrative passano sempre il 50% di votanti.
Chi vuole la vittoria del No chiede la data per il solo referendum, forse il 14, perché pensa che il 50% dei votanti non sarà raggiunto.
In pratica, la fazione Sì spera nel traino delle altre elezioni, perché sa che di questo referendum non frega un cazzo a nessuno.

Il motivo per cui i referendum si sono sempre celebrati distintamente dalle elezioni è proprio questo: le altre elezioni falsano il quorum, che nei referendum è requisito tanto quanto la crocetta.
Quella dell'astensione a scopo di sabotaggio è quindi una posizione valida come le altre.
Se fosse un requisito quello di una percentuale del 50% di votanti con gli occhiali, i fautori del Sì comprerebbero legittimamente i Rayban fasulli dal senegalese.

Ci sarebbe l'ipotesi citata da qualcuno, quella del rifiuto della scheda referendaria.
Io faccio il presidente da un decina d'anni, e di gente che rifiuta la scheda non ne ho mai vista, quindi immagino la scarsa presenza di questi personaggi in una sezione elettorale, o forse in Italia.

È tanto strano che un cittadino trovi noioso andare a votare per una cosa di cui non gli frega niente?
O prolungare la sua presenza in sezione chiedendo quale scheda vuole e quale no?
I promotori dei referendum considerano sempre la loro posizione decisiva per le sorti dello Stato, salvo poi incazzarsi con i soggetti più improbabili quando vengono loro voltate le spalle, mai con se stessi.
Come diceva un leghista qualche anno fa, provate a fare un referendum sulle pensioni e poi vediamo se non si raggiunge il quorum.

A questo punto arriva il terremoto in Abruzzo, e i nostri scaltri promotori trovano una nuova scusa, per me, come già detto, ottima per vergognarsi.
Ci sono tutte le case rotte e buttiamo soldi per un referendum?
No, facciamo insieme così noi otteniamo il risultato e nel frattempo ci sono tanti soldini per le tende.

Al di là del fatto che in questo modo dimostrate che degli sfollati ve ne frega meno di zero, dato che la posizione la sostenevate anche prima, ma quella del costo è veramente l'obiezione più stronza che si possa fare a un esercizio di democrazia (come dice meglio lui).

Io pago delle tasse perché si possano gestire queste emergenze, e non sono disposto a sacrificare la forma democratica, perché drogare il numero di votanti è questo.
I soldi vengono sottratti ai terremotati? No.
Non esiste una voce di bilancio con scritto "disastri naturali e referendum", che se prendo a una devo togliere all'altra.
I soldi per la celebrazione delle elezioni sono sempre a bilancio, e se ne servissero un'enormità per ricostruire l'Aquila li prenderemo dalla Linea C della metropolitana, o dalla terza corsia della Salerno - Reggio Calabria, e non ci sarà niente di cui lamentarsi.

Quello che a me preoccupa è che nella concezione di qualcuno la prassi costituzionale sia soprassedibile, che quelli che sono i diritti di tutti vengano dopo la possibilità di pagare la cambiale.
Non abbiamo sospeso la democrazia per l'alluvione del Polesine o per il terremoto in Irpinia.
Gli inglesi hanno fatto le elezioni nel 1917 e nel 1944, durante due guerre, e nessuno si è sognato di non farle o peggio, di alterarne il senso.
Era necessario il referendum monarchia - repubblica quando il paese era in macerie?
Sì, lo era.

C'è sempre, in questo paese, una parte che pensa che certe cose siano sì utili, ma non poi così decisive, dimenticando quali sono i motivi per cui questi valori sono fondamentali.
Sono fondamentali perché senza non sarebbe stato possibile per i due maggiori quotidiani nazionali pubblicare foto di un altro terremoto, tenere in home page il Nostradamus del Gran Sasso fin quando il rumore delle risate non era diventato troppo forte (meglio qui), vaticinare sul numero di morti, vantarsi degli indici d'ascolto o parlare a vanvera di "strage annunciata" o "ritardo nei soccorsi", due delle tre frasi più abusate del giornalismo italiano (la terza è "manca solo la firma del giocatore").

Sono proprio questi diritti che abbiamo da sessant'anni che permettono cose come la Grande Tristezza Nazionale imposta, le facce finto contrite dei presentatori, la solidarietà urlata (meglio qui), la caccia a streghe inesistenti (meglio qui).
Veramente sareste disposti a sacrificare tutto questo?

08 aprile 2009

Siamo uomini o scalfacosi?

L'idea per cui bisognerebbe accorpare il referendum sulla legge elettorale con le elezioni europee, per risparmiare qualche centinaio (*) di milioni, è, nel merito, strumentale al risultato del referendum.

Il fatto che bisognerebbe farlo perché servono soldi per l'emergenza in Abruzzo è, nelle motivazioni, semplicemente vergognosa.

27 marzo 2009

Famo pure quaranta

"...perchè si sarebbe dovuta fare prima una riforma delle giungla dei poteri locali, coerentemente con l'art. 118 determinando le funzioni, essenziali e non essenziali, delle 21 regioni, delle 108 province, degli 8.400 comuni, delle 320 comunità montane..."

Vabbè, uno de meno.

24 marzo 2009

Quali?

Titolo del Sole: Stupro della Caffarella, i due rumeni confessano.

19 marzo 2009

Oltre gli elementi condivisi

Ieri Paul ha scritto un bel postone su Internet, credo intendendola come architettura basata sul TCP/IP, che poi è il nome che a noi informatici piace di più.
Potete essere d'accordo o meno su tanti punti, e anch'io non condivido proprio tutto, però la serie di riflessioni è molto sensata, e vale una lettura, anche dei commenti che ne sono seguiti.
(Ricordate sempre che quando un post è scritto bene lo sono, con rarissime eccezioni, anche i suoi commenti).

La parte che mi piace di più è quella del rapporto tra l'impatto della tecnologia cellulare e quello di Internet sulla quotidianità.
È un mio vecchio tarlo, e sono contento che qualcun altro ne scriva, come aveva già fatto tempo fa Google stessa.

Il motivo del mio interesse nella questione non è tanto quello sociologico o antropologico, che avendo superato il mio tempo studentesco non posso permettermi di maneggiare, ma l'avverarsi di una costante delle mie letture fantascientifiche.
E cioè che in ogni romanzo o racconto che descrive la storia del futuro non manca mai un arnese che permette di comunicare con chi si vuole, con schermo o senza, a milioni di anni luce o nella stessa base, e senza preoccuparsi troppo dell'eventuale infrastruttura.

Quell'arnese ormai ce l'abbiamo tutti, e la scatolina fischiettante con l'apertura a scatto di Kirk e Spock può finalmente trovare la pace dei grandi sogni dell'umanità: diventare un giocattolo per bambini.

13 marzo 2009

Pubblica Utilità Motorettara

A tutti è capitato, perché è notte, perché è domenica, di fare benzina al 24 ore, o self-service, o ar serservis (alla romana).
Ora, se siete in riserva, voi automobilisti potete buttare dentro 10 o 20 € senza problemi, ammesso che abbiate la banconota, magari nuova di zecca che è sempre meglio.

Per noi in moto non è così.
Non sappiamo se 10 € entreranno tutti, e per quelli che hanno mezzi più piccoli non si può essere sicuri manco del pezzo da 5.
A questo punto ci vengono piuttosto comodi i 24 ore con il bancomat: uno mette fin quando entra, si prende lo scontrino e felice se ne va.

Per questo ho deciso di condividere con il popolo a due ruote, e anche con quello a quattro che si trovasse privo del necessario bigliettone, i benzinai che accettano il bancomat, con una mappa Google.

La mappa è qui, ed è ovviamente un po' romanocentrica.
Io continuerò ad aggiornarla man mano che ne sgamo di nuovi, e se vi va di aiutare potete mandarmene, anche se non sono a Roma.

Alcune condizioni importanti.
Devono accettare il bancomat quando sono chiusi, direttamente nella bocchetta, non valgono quelli in cui bisogna passare alla cassa dopo (e che quindi sarebbero aperti).
Serve precisione assoluta, marca e indirizzo, "me pare quello dell'aggip su 'a Casilina" non va bene, il segnaposto andrà sulla tettoia.
Dev'essere uno dove siete già stati, e non uno di cui avete sentito parlare.

(Volendo la mappa ha aveva anche il feed per gli aggiornamenti, ma i feed di Google Maps sono erano veramente orrendi)

(E pure Bing, qua)

10 marzo 2009

Ammesso che se le riprendano

Io, pur di avere una cosa indescrivibilmente bella come il South by Southwest in Italia, sarei disposto a rivendere Sicilia e Sardegna all'Aragona.
Senza rimpianti.

24 febbraio 2009

Devo restare o devo andarmene?

Pensavate che fossi a manifestare tutto il giorno contro qualche legge da Torquemada di questo governicchio, vero?
E invece no, in questo incredibilmente piovosissimo inverno romano ho anche avuto tempo per qualche concertino, giusto quello che passa il convento, 'che qui non è ancora stagione.

Venerdì mi reco al per me nuovo Sinister Noise, locale in quel di via dei Magazzini Generali, nome molto testaccioso.
Il locale cerca di ricordare i favolosi anni '70, con tanto di arredamento fatto di televisori B/N e terrificanti specchi obliqui, e tavolinetti bassi dove ci si siede tutti intorno.
Di fronte, per localizzarlo meglio, c'è Dolce Notte, un posto che fa dei cornetti da panico.

La serata prevede gli Handsome Furs, un gruppo canadese della Sub Pop che un paio di anni fa se n'è uscito con un pezzo da "next big thing", What we had, molto segnalato in giro.
Sono in tour per promuovere il nuovo album, e sono una delle band che non vedevo l'ora di sentire.
In compagnia casuale di assai distinta bloggheria, mi sistemo nella sala inferiore, in pratica una cantina, abbastanza simile a quella del Traffic.
Tornerò sul Traffic dopo.

Il primo atto è un gruppo italiano di nome En plein air, che fanno pezzi strumentali un po' psichedelici, immaginate qualcosa alla Explosions in the Sky, però con in più il violino, che dà ad alcuni pezzi un suono quasi da colonna sonora.
In più, la violinista è molto graziosa.

Gli Handsome Furs sono una coppia, Dan Boeckner e Alexei Perry, anche nella vita.
Boeckner è già noto per essere nei Wolf Parade, altra band niente male che vi consiglio.
Lui canta e suona la chitarra, ricordando in modo preoccupante Joe Strummer, lei gira manopole varie e pigia tasti di una piccola tastierina poggiata su un tavolo da campeggio.

Suonano bene, chitarre molto disturbate e ritmi elettronici, ma è probabile che mi ricorderò il concerto per un'altra ragione, e cioè che dura sì e no quaranta minuti.
Non potevo certo aspettarmi durate da Pink Floyd, e per il genere che richederebbe una valanga di pezzi, e anche perché hanno solo due album da suonare, ma pensavo che un altro concerto visto di recente, i Clinic all'Init che avevano suonato solo per un'ora, fosse un primato difficile da battere.
Per giunta, non hanno manco fatto What we had.

Così, turgido di rosicume per la invero breve durata, ci rifaccio la sera dopo all'Init, che poi è praticamente il lato B del Circolo, anche se non condivide con quest'ultimo nient'altro che la posizione.
Mi va meglio, e dopo dei leggermente pallosi TV Lumière mi gusto un ottimo e inaspettato Hugo Race & True Spirit, tizio dell'entourage del sempre sia lodato Nick Cave.
Poco più di un'ora di rock blues suonato come dio comanda, da tutto il trio, davanti a qualche decina di persone.
Un po' di foto, questa volta più sature del solito, le trovate da Rosy.

Torno sul Traffic, per dire che era il posto dove avrebbe dovuto essere il concerto degli Handsome Furs.
Il Traffic, dove vidi tempo fa i Numero6, ha avuto dei problemi piuttosto tipici di vicinato, problemi che hanno tutti i locali che fanno tardi la notte per qualunque ragione.
Oggi a Roma non c'è più la penuria che c'era quando ero giovane; solo l'Auditorium ha aggiunto cinque spazi di varie dimensioni, e dopo un restauro durato due o tre secoli ha riaperto pure il Palacisalfa, ora con il nome Atlantico Live.

Questo però non vuol dire che ci sia minore necessità di locali birra + concerto.
Se un artista ha cinque o sei canzoni da proporre non può sognarsi altro che un posto così; anche R.E.M. e Pixies hanno cominciato con un EP di poche canzoni, quindi non si tratta di situazioni strane.
Per giunta il Traffic è in periferia, cosa che permette almeno per qualche volta di evitare il solito centro sempre più impraticabile.

A proposito di quando ero giovane, l'altro ieri era pure il mio compleanno, e ho felicemente smarcato il numero 38.
La distribuzione auguri è stata la seguente:
6 telefonate
8 sms
2 chat
26 facebook

Peccato fosse domenica, altrimenti da Facebook ne avrei rimediati sicuramente di più.

18 febbraio 2009

Stimulus package

Oggi mi sono ricordato di un vecchio post che avevo scritto, contenente questa frase:

"E mica solo lo stato, ma anche le nostre simpatiche aziende, quelle che poi campano (tutte) con un prestito forzato dei dipendenti che si chiama TFR."

Talvolta, quando mi capita di rileggermi, penso se certe mie passate affermazioni siano esagerate o eccessivamente tranchant.

Ecco, no.

08 febbraio 2009

Senza diplomazia

Spero sinceramente che la signora Eluana Englaro muoia il più presto possibile, per lei, e per vanificare l'assalto a qualunque cosa in cui credo che in queste ore viene messo in atto dal Governo.
L'aver incontrato il ministro Sacconi quest'estate a Orbetello, e non avergli ammollato una scarica di calci in culo tale da farlo arrivare all'isola del Giglio senza traghetto, resterà uno dei miei più grossi rimpianti, secondo solo al non aver visto i Nirvana a Roma nel 1994.

01 febbraio 2009

Un nuovo patto per l'ambiente


Suonava troppo burino?
Perché io pensavo che un manifesto andasse in tutta la città, e che qualcuno leggendo new deal potesse non capire.
Magari mi sbaglio io, ma mica tutti sanno cosa significa new deal, e ancora meno sapranno cosa è stato il New Deal.
Ora, finche uno dice shadow cabinet o young democrats magari se la tira, ma scriverle pure certe cose comincia a diventare troppo, e scriverle quando sullo stesso muro ci sono cose come questa, insopportabile.
E poi Realacci, proprio te che pari vestito da MAS in periodo di saldi, ma per favore.
E basta per dio, basta.

29 gennaio 2009

Diario del presidente della sezione 17 (forse): vi ho voluto bene

Dopo aver dato una rapida scorsa al decreto che regola le prossime elezioni europee e amministrative, posso dire con ragionevole certezza che il 7 giugno morirò.

18 gennaio 2009

Un anno e mezzo per metterci un 2

Dopo un lungo lavoro, dicono che l'hanno fatto a manella, il caro vecchio Feedburner è definitivamente un pezzo di Google.

Il feed, che era:

http://feeds.feedburner.com/Portmeirion

ora è:

http://feeds2.feedburner.com/Portmeirion

Se non cambiate è lo stesso, tanto il reindirizzamento è automatico, però costa alla rete qualche byte in più.
È quindi un'ottima occasione per sentirvi più verdi, prevenire il riscaldamento globale e la caduta precoce dei capelli (non ridete).
Mi manca solo controllare che le sottoscrizioni via email vadano, e ringraziare qui la mia unica e fedelissima sottoscrittrice.
No, non è mia madre.

14 gennaio 2009

Extraterrestre via, da questa terra mia

È finita? Questo psychodrame è giunto a una conclusione?
Non che ce ne manchino, la manovrina, la gente che non va più in ferie, la quarta settimana, però magari ce ne togliamo uno che ci assilla da anni.
Alitalia (e AirOne) vende un pezzo ai franco-olandesi, che si prendono un'azienda che gli interessava per una sola ragione. Quale? Dopo.
L'azienda non ha debiti, ha meno dipendenti, e costa pure di meno. Meglio di così.

Berlusconi aveva fatto della vicenda una sua bandiera elettorale, che non capirò mai quanti voti abbia spostato, e alla fine si ritrova con lo stesso progetto che aveva fieramente combattuto.
I suoi agenti in Lombardia sono arrivati al punto di mentire pubblicamente recitando la litania dell'offerta di Lufthansa, mai esistita.
La Lega sostanzialmente fallisce in pieno su uno dei suoi capisaldi, la difesa del (suo) territorio.

Ho la sensazione che Prodi e Spinetta stiano ridendo con gli amici del baretto sotto casa, ma il grande capo dice che con Air France e KLM ora siamo nel primo gruppo europeo del trasporto aereo.
Lo saremmo stati lo stesso, o no?
AN (solo AN) ringrazia, per la mantenuta italianità (dice).
Dell'italianità mi permetto di dubitare, e se lo permette anche qualcun altro più informato di me (punto 9)(io però ne avevo pensata un'altra).

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Arlecchino urlando che gli imprenditori del nord non andranno a Fiumicino ma a Parigi o a Francoforte. Viene però riconosciuto per la cravatta verde e portato via.)

In questo paese - una cosa che già aveva detto Padoa Schioppa tempo fa - dovremmo andare solo in aereo.
Siamo lunghi, pieni di montagne, con due isole enormi, eppure in Italia il trasporto aereo interno è sempre stato asfittico.
Perché? Non lo so, forse si tratta di una quelle scelte strategiche, quei momenti in cui un paese deve decidere che strada prendere, e noi abbiamo preso quella che non contemplava l'uso di aeromobili.

Ma ne abbiamo un'altra di particolarità, anche se non siamo certo i soli.
La capitale e città più grande non è quella economicamente più rilevante, e diciamolo, neanche più ricca, che invece è un'altra.
Ecco quindi la necessità di collegarle, ed ecco l'unica cosa che può interessare un acquirente di una scassata compagnia che ha scassa le palle da vent'anni.

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Batman urlando che l'Alitalia è fallita perché le hostess abitavano tutte a Roma. Viene però riconosciuto perché Robin è un rom montenegrino irregolare, e portato via. Insieme al rom.)

Magari qualcuno per lavoro sarà andato a Milano in aereo, ma se così non fosse, be', vi racconto come funziona.
La mattina gli aerei che vanno a Milano si mettono in fila, come se fosse un incrocio, un simpatico trenino di aerei con tutti i loro timoni multicolori.
Appena la torre dà il via rullano e partono, uno dietro l'altro, e credetemi, sono tutti pieni.

E vanno tutti a Marpenza? Manco per niente, vanno a Linate.
Perché vanno a Linate? Sentiamo in proposito un pendolare romano:
"ma Linate è mejo, pijo er 73 e venti minuti sto a Sambabbila, tanto poi da Sambabbila a Milano vai 'n po' dove te pare."

Ma Marpenza è un aeroporto internazionale:
"Ma po esse pure intergalattico, a me che me frega? È lontano 'na cifra, manco è tutta autostrada e poi se paga pure. Se già ce metto 'n'ora pe' anna' a Fiumicino, allora pijo er treno."

Ecco la parola magica, il treno, ma quanto piace il treno agli italiani.
La concorrenza treno - aereo è una delle megabaggianate che sento a intervalli casuali da quando sono venuto al mondo.
Oggi, al massimo della tecnologia disponibile, un treno da Roma a Milano impiega tre ore e mezza, l'aereo cinquanta minuti.
Qualcuno ha voglia di scherzare?

Certo, non tutti hanno fretta, e per una consistente riduzione di prezzo, quale è oggi, posso anche permettermi il treno.
Certo, l'aereo ha esigenze di sicurezza, e se c'è troppo vento o nebbia o altre condizioni avverse non parte, mentre il treno di vento, neve, nebbia e pioggia se ne frega, OK, d'accordo, ma in condizioni normali parlare di concorrenza è semplicemente una barzelletta.
Condizioni normali che, nel resto del mondo, vuol dire anche collegamenti decenti.

E allora, da brutto romanocentrico quale sono, voglio dunque sostenere che Fiumicino è messo meglio?
Sì, lo è.
A parte alcune cosette che un mio vecchio amico ha elencato tempo fa, ci sono due treni che vanno all'aeroporto romano.
È importante perché il treno urbano, che attraversa tutte le stazioni più importanti tranne Termini da dove c'è il corrispettivo del Marpenza Express, è la vera killer application di Fiumicino: prendono tutti quello. E dico tutti, compresi gli alitalî dipendenti.
E poi l'autostrada per i più viziati, che però parte da dentro la città e arriva dritta dritta, al costo di 0 Euro.
Noi ci vogliamo bene a Fiumicino, mica siamo come Galan.

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Sarkozy urlando che la regione Lazio ha un deficit sanitario enorme. Viene però riconosciuto da una turista di Novara per il poderoso accento e portato definitivamente alla Caienna.)

Ci siete ancora? Dai che manca poco.
Air France-KLM voleva quello, voleva la navetta Fiumicino Linate, e quella avra'.
Il resto, in termini economici e aeronautici non conta una cippa, e figuratevi se il problema fosse il volo per Pechino o per San Paolo o addirittura Albenga.
È per questo che i franco-olandesi hanno fatto un'offerta che escludesse Marpenza, ed è per questo che Lufthansa non ha fatto un offerta per Marpenza.

Può finire così? Può essere che la città più importante d'Italia per imprese, per commercio, per soldi che girano, rimanga solo con uno scalo incompiuto e uno piccolino per i pendolari?
Ridimensionamento di Linate? Liberalizzazione di Marpenza?
Una di queste scelte dovrebbe, dicono, e riuscirà, ridicono, a fornire a Milano quello che le serve: uno scalo internazionale, moderno, efficiente.

E cioè Orio al Serio.

07 gennaio 2009

Mestizaje

Ci sono rari casi in cui mi trovo ad avere una mattina libera, e ne approfitto per osservare quell'umanità di cui altrimenti non saprei nulla.
In particolare, bambini a scuola e genitori, visti rapportandoli a quando l'accompagnato ero io.
E una delle differenze, quella per me più vistosa, è la presenza di bambini figli di stranieri.

Quello che mi colpisce, e onestamente mi mette un incredibile tristezza, è vedere i bambini scolarizzati in Italia che parlano con i loro genitori immigrati.
All'irrefrenabile chiacchiera dei piccoli in buon italiano, fa da contraltare il balbettante idioma nazionale dei padri e delle madri.
Fosse solo così sembrerebbe una scena da film comico, ma la verità è che il genitore non ha idea, o ce l'ha in modo molto approssimativo, di cosa stia dicendo suo figlio.

Così, tra i noti ed elencabili drammi che l'immigrazione porta con sé, c'è questo che ha più l'aspetto di una maledizione: il padre non comprenderà il figlio.
Certo, potrebbero educarli bilingue, ma la cosa non è esente da qualche critica da parte della psicologia dell'apprendimento, e poi, trattandosi spesso di povera gente, non è detto che abbia gli strumenti adatti a insegnare persino la propria, di lingua.

Non capirò mai chi, in maniera plateale o criptica, considera la parola immigrazione in modo negativo.
È invece qualcosa che fa parte non scindibile dell'uomo, e anzi, ne dice qualcosa di più.
Perché migrare è far prevalere sulla nascita il diritto alla qualità della vita, è l'unica misura vera di quanto quel che hai ti soddisfi.
Dalla notte dei tempi della razza umana, e forse non solo di quella, si va via da dove si sta male e si resta dove si sta bene.

Che sia il sicilano che va in Piemonte, il tutsi ruandese che va in Congo, il rumeno in Italia o il turco in Germania, il suo spostamento è l'unico metro credibile, molto di più delle classifiche sceme del Sole 24 Ore che mi dicono che dovrei andare a Siena o a Belluno perché gli autobus arrivano in orario e ci sono le piste ciclabili.
Ma ci andassero loro a vivere a Belluno.

Io non voglio vedere un noioso popolo di fotocopie bianche, cattoliche e familiste, non voglio quattro regioncine con i confini tracciati a vanvera dal Duce nel 1927 che credono di essere la Virginia o la Baviera.
Voglio il presidente con il nome kenyano e anche quello con il nome ungherese.
Voglio i chioschetti dei nordafricani che fanno le crêpes tutta la notte come a Parigi, voglio le deviazioni degli autobus per il Vaisakhi come a Londra.
Voglio attrici cattoliche con il nome portoghese che però sono indiane, come Freida Pinto.

Prendete il libro di storia che avete buttato in soffitta, e rileggetevi che gli stati più importanti della storia, quelli che l'hanno segnata, erano largamente multirazziali.
L'impero romano, austriaco, mongolo, gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, avevano o hanno più razze in circolazione di quante se ne potrebberto scrivere, e a tutti i livelli della società.

Io voglio vivere in un posto di cui venga imitata la cucina, la musica, la forma di stato, il codice della strada, il campionato di calcio e pure i template dei blog.
Non nella subalternità a chi ha capito che sommare popoli è meglio che sottrarne.
Non nella versione peninsulare dell'Islanda.