29 gennaio 2009

Diario del presidente della sezione 17 (forse): vi ho voluto bene

Dopo aver dato una rapida scorsa al decreto che regola le prossime elezioni europee e amministrative, posso dire con ragionevole certezza che il 7 giugno morirò.

18 gennaio 2009

Un anno e mezzo per metterci un 2

Dopo un lungo lavoro, dicono che l'hanno fatto a manella, il caro vecchio Feedburner è definitivamente un pezzo di Google.

Il feed, che era:

http://feeds.feedburner.com/Portmeirion

ora è:

http://feeds2.feedburner.com/Portmeirion

Se non cambiate è lo stesso, tanto il reindirizzamento è automatico, però costa alla rete qualche byte in più.
È quindi un'ottima occasione per sentirvi più verdi, prevenire il riscaldamento globale e la caduta precoce dei capelli (non ridete).
Mi manca solo controllare che le sottoscrizioni via email vadano, e ringraziare qui la mia unica e fedelissima sottoscrittrice.
No, non è mia madre.

14 gennaio 2009

Extraterrestre via, da questa terra mia

È finita? Questo psychodrame è giunto a una conclusione?
Non che ce ne manchino, la manovrina, la gente che non va più in ferie, la quarta settimana, però magari ce ne togliamo uno che ci assilla da anni.
Alitalia (e AirOne) vende un pezzo ai franco-olandesi, che si prendono un'azienda che gli interessava per una sola ragione. Quale? Dopo.
L'azienda non ha debiti, ha meno dipendenti, e costa pure di meno. Meglio di così.

Berlusconi aveva fatto della vicenda una sua bandiera elettorale, che non capirò mai quanti voti abbia spostato, e alla fine si ritrova con lo stesso progetto che aveva fieramente combattuto.
I suoi agenti in Lombardia sono arrivati al punto di mentire pubblicamente recitando la litania dell'offerta di Lufthansa, mai esistita.
La Lega sostanzialmente fallisce in pieno su uno dei suoi capisaldi, la difesa del (suo) territorio.

Ho la sensazione che Prodi e Spinetta stiano ridendo con gli amici del baretto sotto casa, ma il grande capo dice che con Air France e KLM ora siamo nel primo gruppo europeo del trasporto aereo.
Lo saremmo stati lo stesso, o no?
AN (solo AN) ringrazia, per la mantenuta italianità (dice).
Dell'italianità mi permetto di dubitare, e se lo permette anche qualcun altro più informato di me (punto 9)(io però ne avevo pensata un'altra).

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Arlecchino urlando che gli imprenditori del nord non andranno a Fiumicino ma a Parigi o a Francoforte. Viene però riconosciuto per la cravatta verde e portato via.)

In questo paese - una cosa che già aveva detto Padoa Schioppa tempo fa - dovremmo andare solo in aereo.
Siamo lunghi, pieni di montagne, con due isole enormi, eppure in Italia il trasporto aereo interno è sempre stato asfittico.
Perché? Non lo so, forse si tratta di una quelle scelte strategiche, quei momenti in cui un paese deve decidere che strada prendere, e noi abbiamo preso quella che non contemplava l'uso di aeromobili.

Ma ne abbiamo un'altra di particolarità, anche se non siamo certo i soli.
La capitale e città più grande non è quella economicamente più rilevante, e diciamolo, neanche più ricca, che invece è un'altra.
Ecco quindi la necessità di collegarle, ed ecco l'unica cosa che può interessare un acquirente di una scassata compagnia che ha scassa le palle da vent'anni.

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Batman urlando che l'Alitalia è fallita perché le hostess abitavano tutte a Roma. Viene però riconosciuto perché Robin è un rom montenegrino irregolare, e portato via. Insieme al rom.)

Magari qualcuno per lavoro sarà andato a Milano in aereo, ma se così non fosse, be', vi racconto come funziona.
La mattina gli aerei che vanno a Milano si mettono in fila, come se fosse un incrocio, un simpatico trenino di aerei con tutti i loro timoni multicolori.
Appena la torre dà il via rullano e partono, uno dietro l'altro, e credetemi, sono tutti pieni.

E vanno tutti a Marpenza? Manco per niente, vanno a Linate.
Perché vanno a Linate? Sentiamo in proposito un pendolare romano:
"ma Linate è mejo, pijo er 73 e venti minuti sto a Sambabbila, tanto poi da Sambabbila a Milano vai 'n po' dove te pare."

Ma Marpenza è un aeroporto internazionale:
"Ma po esse pure intergalattico, a me che me frega? È lontano 'na cifra, manco è tutta autostrada e poi se paga pure. Se già ce metto 'n'ora pe' anna' a Fiumicino, allora pijo er treno."

Ecco la parola magica, il treno, ma quanto piace il treno agli italiani.
La concorrenza treno - aereo è una delle megabaggianate che sento a intervalli casuali da quando sono venuto al mondo.
Oggi, al massimo della tecnologia disponibile, un treno da Roma a Milano impiega tre ore e mezza, l'aereo cinquanta minuti.
Qualcuno ha voglia di scherzare?

Certo, non tutti hanno fretta, e per una consistente riduzione di prezzo, quale è oggi, posso anche permettermi il treno.
Certo, l'aereo ha esigenze di sicurezza, e se c'è troppo vento o nebbia o altre condizioni avverse non parte, mentre il treno di vento, neve, nebbia e pioggia se ne frega, OK, d'accordo, ma in condizioni normali parlare di concorrenza è semplicemente una barzelletta.
Condizioni normali che, nel resto del mondo, vuol dire anche collegamenti decenti.

E allora, da brutto romanocentrico quale sono, voglio dunque sostenere che Fiumicino è messo meglio?
Sì, lo è.
A parte alcune cosette che un mio vecchio amico ha elencato tempo fa, ci sono due treni che vanno all'aeroporto romano.
È importante perché il treno urbano, che attraversa tutte le stazioni più importanti tranne Termini da dove c'è il corrispettivo del Marpenza Express, è la vera killer application di Fiumicino: prendono tutti quello. E dico tutti, compresi gli alitalî dipendenti.
E poi l'autostrada per i più viziati, che però parte da dentro la città e arriva dritta dritta, al costo di 0 Euro.
Noi ci vogliamo bene a Fiumicino, mica siamo come Galan.

(A questo punto entra Roberto Cota travestito da Sarkozy urlando che la regione Lazio ha un deficit sanitario enorme. Viene però riconosciuto da una turista di Novara per il poderoso accento e portato definitivamente alla Caienna.)

Ci siete ancora? Dai che manca poco.
Air France-KLM voleva quello, voleva la navetta Fiumicino Linate, e quella avra'.
Il resto, in termini economici e aeronautici non conta una cippa, e figuratevi se il problema fosse il volo per Pechino o per San Paolo o addirittura Albenga.
È per questo che i franco-olandesi hanno fatto un'offerta che escludesse Marpenza, ed è per questo che Lufthansa non ha fatto un offerta per Marpenza.

Può finire così? Può essere che la città più importante d'Italia per imprese, per commercio, per soldi che girano, rimanga solo con uno scalo incompiuto e uno piccolino per i pendolari?
Ridimensionamento di Linate? Liberalizzazione di Marpenza?
Una di queste scelte dovrebbe, dicono, e riuscirà, ridicono, a fornire a Milano quello che le serve: uno scalo internazionale, moderno, efficiente.

E cioè Orio al Serio.

07 gennaio 2009

Mestizaje

Ci sono rari casi in cui mi trovo ad avere una mattina libera, e ne approfitto per osservare quell'umanità di cui altrimenti non saprei nulla.
In particolare, bambini a scuola e genitori, visti rapportandoli a quando l'accompagnato ero io.
E una delle differenze, quella per me più vistosa, è la presenza di bambini figli di stranieri.

Quello che mi colpisce, e onestamente mi mette un incredibile tristezza, è vedere i bambini scolarizzati in Italia che parlano con i loro genitori immigrati.
All'irrefrenabile chiacchiera dei piccoli in buon italiano, fa da contraltare il balbettante idioma nazionale dei padri e delle madri.
Fosse solo così sembrerebbe una scena da film comico, ma la verità è che il genitore non ha idea, o ce l'ha in modo molto approssimativo, di cosa stia dicendo suo figlio.

Così, tra i noti ed elencabili drammi che l'immigrazione porta con sé, c'è questo che ha più l'aspetto di una maledizione: il padre non comprenderà il figlio.
Certo, potrebbero educarli bilingue, ma la cosa non è esente da qualche critica da parte della psicologia dell'apprendimento, e poi, trattandosi spesso di povera gente, non è detto che abbia gli strumenti adatti a insegnare persino la propria, di lingua.

Non capirò mai chi, in maniera plateale o criptica, considera la parola immigrazione in modo negativo.
È invece qualcosa che fa parte non scindibile dell'uomo, e anzi, ne dice qualcosa di più.
Perché migrare è far prevalere sulla nascita il diritto alla qualità della vita, è l'unica misura vera di quanto quel che hai ti soddisfi.
Dalla notte dei tempi della razza umana, e forse non solo di quella, si va via da dove si sta male e si resta dove si sta bene.

Che sia il sicilano che va in Piemonte, il tutsi ruandese che va in Congo, il rumeno in Italia o il turco in Germania, il suo spostamento è l'unico metro credibile, molto di più delle classifiche sceme del Sole 24 Ore che mi dicono che dovrei andare a Siena o a Belluno perché gli autobus arrivano in orario e ci sono le piste ciclabili.
Ma ci andassero loro a vivere a Belluno.

Io non voglio vedere un noioso popolo di fotocopie bianche, cattoliche e familiste, non voglio quattro regioncine con i confini tracciati a vanvera dal Duce nel 1927 che credono di essere la Virginia o la Baviera.
Voglio il presidente con il nome kenyano e anche quello con il nome ungherese.
Voglio i chioschetti dei nordafricani che fanno le crêpes tutta la notte come a Parigi, voglio le deviazioni degli autobus per il Vaisakhi come a Londra.
Voglio attrici cattoliche con il nome portoghese che però sono indiane, come Freida Pinto.

Prendete il libro di storia che avete buttato in soffitta, e rileggetevi che gli stati più importanti della storia, quelli che l'hanno segnata, erano largamente multirazziali.
L'impero romano, austriaco, mongolo, gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, avevano o hanno più razze in circolazione di quante se ne potrebberto scrivere, e a tutti i livelli della società.

Io voglio vivere in un posto di cui venga imitata la cucina, la musica, la forma di stato, il codice della strada, il campionato di calcio e pure i template dei blog.
Non nella subalternità a chi ha capito che sommare popoli è meglio che sottrarne.
Non nella versione peninsulare dell'Islanda.