17 dicembre 2011

Come dire

(Un po' di tempo fa Gallizio, che è uno che non sapevo chi o cosa fosse, mi ha regalato un libro. All'inizio ho pensato che Gallizio fosse un ente benefico che dona libri agli sconosciuti, poi per un'occasione che non c'entra niente con l'editoria ho potuto accertare che invece è un uomo in carne e ossa. È molto alto)

Il libro è Come dire, di Stefano Bartezzaghi, il quale, oltre ad averne già scritti altri, qui in giro per la rete è l'autore di Lessico e Nuvole, blog di giochi linguistici.
Bartezzaghi è il figlio del noto enigmista Piero, che chi come me è figlio di appassionati enigmisti, cioè chiavi di casa, prima paghetta e prime parole crociate a schema libero, conosceva fin da ragazzino.

Siccome non sono bravo a fare le pagine culturali scrivo tre cose che mi hanno colpito del libro.

La prima è questa:
"Non abbiamo certo bisogno di dirci che i gerghi vivono sulla deformazione della lingua, anche se forse questa possibilità di deformazione dovrebbe dirci qualcosa a proposito della lingua, della sua duttilità e di quanto sia davvero impossibile (o inservibile) pensarla come un codice. Un codice ammette delle trasgressioni periferiche e occasionali, ma per il resto è sempre in vigore. secondo l'apparente paradosso dell'“eccezione che conferma la regola”. La lingua invece funziona diversamente."

La seconda, che segue uno dei temi più importanti del libro e cioè quello degli errori di grammatica, è che le infrazioni, o meglio quelle forme che vengono introdotte per la prima volta nella lingua, sono introdotte quasi sempre dai più grandi, come Calvino, Gadda o Queneau.
Che vuol dire, specialmente per gli strafalcionisti creativi, che anche di infrangere bisogna poterselo permettere.

La terza è legata al capitolo 23, un linguaggio in maschera (tutti i capitoli hanno titoli molto divertenti).
Questo capitolo, insieme al successivo, passa in rassegna l'uso del testo nella musica operistica e in quella pop, giungendo alla conclusione, per me condivisibile, che le parole in musica sono utili a patto di dimenticarsi cosa significano.
Ma la cosa che lo rende la ragione per cui leggersi il libro è il numero impressionante, e a me finora sconosciuto, dei modi di dire che usiamo oggi e che vengono dalle opere di Verdi.
In pratica è un magazzino di citazioni.

E si sa che sul web, senza una (cit.), non sei nessuno.

(Grazie ancora a Gallizio per il libro)

2 commenti:

  1. Dimmi un po', a tuo parere per quale motivo uno che s'è messo il nome Gallizio avrebbe dovuto regalarti un libro?
    Sarà mica un fan di lampadari adatti al backstage del vertigo tour (come accennava su fb la concittadina blucerchiata)? :D

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  2. Ma infatti canto Vertigo quando entro e quando esco.

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