La Sora Margherita, prima che un ristorante, è una specie di leggenda.
Un ingresso del tutto anonimo in una delle piazze per cui vale la pena vivere a Roma, piazza delle Cinque Scole (sic), dalle cinque scuole ebraiche che vi si trovavano.
Questa piazza è uno dei pochi resti veri dell'antico ghetto, ed era in origine attraversata dal muro che impediva agli ebrei romani (giudî, in dialetto) di andare in giro dopo il tramonto.
È aperto a pranzo, e per cena solo a fine settimana.
Se volete andare una sera tenete a mente che ci sono due turni, alle 20 e alle 21.30.
C'è posto per sì e no venti coperti, quindi prenotare è obbligatorio, e se potete, evitate anche di tentare di portare la macchina nei paraggi.
Al Ghetto non si parcheggia, fatevene una ragione, meglio una passeggiatina che vi risparmi l'ansia.
All'inizio vi fanno fare la tesserina, se già non l'avete, e poi portano uno dei marchi di fabbrica del posto: il menu scritto a pennarello sulla carta da pane.
I piatti sono di cucina giudaico-romanesca, dicono quelli che se ne intendono, cosa che a me pare una mezza tautologia, dato che i piatti romani originano praticamente tutti dalla tradizione ebraica.
I primi sono disposti "a matrice", cioè avete i tipi di pasta da incrociare con i sughi tradizionali; sta ovviamente all'intelligenza del cliente non prodursi in accoppiate atroci.
Io ho rischiato un po' con gli agnolotti cacio e pepe, contando sul fatto che con cacio e pepe viene bene anche anche il plutonio.
I puristi sceglieranno giustamente una pasta lunga, ma anche a me è andata piuttosto bene.
Per quanto riguarda il secondo mi sono lanciato su delle salsicce di manzo, queste veramente da residente del ghetto acquisito alla tavola.
Sono fatte alla piastra, con limone e rughetta, e il sapore diverso della carne le rende qualcosa da provare.
Ho assaggiato anche le polpette al sugo, più classiche, credo fatte con lo zafferano.
Però è sui contorni che voglio spendere qualche parola in più.
Ho preso il regolare carciofo alla giudia, che viene offerto anche come unico antipasto.
Il carciofo alla giudia è un carciofo rovesciato e fritto, e così sembra facile, cos'ha di speciale?
Ha di speciale che le immangiabili foglie, che poi sono i petali, diventano tipo le patatine delle feste delle medie, e quindi del carciofo non si butta via niente.
Poi seguirebbero i dolci, che non ho preso, e che sono in buona parte basati sulla ricotta, come è tipico nel centro sud.
In particolare ricotta più visciole è abbastanza godurioso.
Qualche considerazione al volo.
Il servizio è velocissimo, e il rapporto tra il personale e i tavoli è piuttoto alto, se no nei tempi non ci starebbero.
Non esiste carta dei vini, com'era facile immaginare, solo una simpatica brocca di rosso sicuramente laziale.
Che poi a me sta benissimo, credo che l'unico ambito in cui mi senta regionalista sia il vino rosso.
Ritornando sui contorni, ce ne sono due da raccontare.
Il primo sono i broccoli ripassati, piatto del tutto elementare ma assolutamente decisivo nella crescita di ogni romano.
Nelle analisi del sangue di qualunque abitante della capitale c'è almeno un venti per cento di broccolo.
Se non avessimo la lupa, potremmo tranquillamente usare questa crucifera come stemma, tanto che credo sia l'unico prodotto agricolo coltivato in città, e quando a Roma si vuol dire che una cosa è perfetta, si dice a ciccio de broccolo.
La Sora Margherita è inoltre il primo posto dove trovo gli aranci conditi (perdonatemi il plurale dialettale).
Arance tagliate e condite con olio e sale, e se proprio siete à la page ci potete mettere due olive nere.
Non ho mai capito perché allontanandosi dal GRA diventi un piatto sconosciuto, quando addirittura non susciti sguardi interrogativi come se si parlasse di cibarsi di sorci vivi.
Al contrario, sono spettacolari, e il sugo che resta è qualcosa che fa felice ogni bambino, anche se va per i quaranta come il sottoscritto.
Questo ristorante è anche un modo per mangiare come si faceva una volta, e come si fa ancora a casa, cioè senza essere sommersi inizialmente da tonnellate di antipasti, cosa che ormai pare di regola mangiando fuori.
Lo dico prendendomi tutto il rischio di sembrare un insopportabile passatista, ma a me non è mai piaciuto.
Concludendo, ho speso 32 Euro, per primo secondo contorno.
Le porzioni non sono grandi, ma normali.
Se state cercando un posto per sbomballarvi le transaminasi a due soldi avete sbagliato indirizzo, ve ne posso fornire qualcuno migliore.
Se qualcuno si stesse preoccupando, no, non mi voglio trasformare in risto-blogger, né presumo di essere originale scrivendo di un ristorante che bene o male è già stato visitato da altri blogger più preparati di me in materia.
Però questo post me l'ha chiesto, con grande onore blogghico da parte mia, SecondoMe, che è l'unico del ramo che mi filo, e poi viene sempre alle BlogBeer.
02 novembre 2008
Patate accondite
Scritto da Numero 6 alle 12:22
Etichette: Strolling 40p
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decisamente mi hai fatto venire fame e voglia di cacio e pepe come si deve, però con pasta lunga.
RispondiEliminaGiusto una precisazione - io le "arance a insalata" (con olio e sale) le ho sempre conosciute, e trovate immangiabili. A casa mia, nell'entroterra pugliese, concludevano quasi ogni pranzo invernale, e i miei genitori non si capacitavano che io le trovassi un gradino sotto l'altro alimento onnipresente e, per me, ugualmente degno di far guadagnare all'inventore un posto al banco degli imputati a Norimberga, le fave in bianco con cicorielle selvatiche.
RispondiEliminaSinceramente non avevo idea, pur avendo parenti dalle tue parti, che fossero un alimento tipico romano.
Eugenio: veramente non so se lo sono, ma sei il primo "estero" che conosco che ne sa qualcosa.
RispondiEliminaGrazie della recensione!!!
RispondiEliminaLa posso cross-postare (perdonami il cacofonico guazzabuglio anglo-italiano) su secondome.com?
E in secundis, in effetti le arance condite sono diffusissime anche nella mia terra di origine, a Foggia, dove si chiama insalata di arance (vabbè, in dialetto, che però io sono totalmente inabile a parlare). E anche io ho le stesse tue difficoltà a spiegarne la bontà.
Anche se giù, in effetti, le olive non sono un elemento borghese, ma un elemento indispensabile (nel senso che "no olive, no insalata)
SecondoMe: l'ho scritta apposta! (le olive ce le metto sempre anch'io)
RispondiEliminaL'insalata di arance e finocchi è anche un contorno tipico siciliano.
RispondiEliminaEugenio, citi due cose che adoro della cucina pugliese! (Ok, assieme alle braciuoline e relativo sugo per condire la pasata.)
Dalla Sora Margherita mi ci ha portato solo fuori, a vedere l'ingresso. Te possino...
RispondiElimina;-)
Quando vengo a Roma (che non sia proprio di volata come l'ultima volta) mi ci devi portare ;-)
RispondiEliminaanche io sono stato in questo locale e vista la tua recensione così interessante, l'ho linkata su www.trivago.it
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