31 dicembre 2009

Avessimo fatto le primarie per l'allenatore a quest'ora non ci sarebbe Ranieri, eppure siamo quarti con Burdisso in difesa

Non so se ho mai scritto un post di fine anno, ma siccome questo è stato un anno emozionante, sotto tutti gli aspetti che possono emozionare un essere umano, è il caso di farlo.

Due cosette, la prima, un giorno mi arriva un SMS così:

"saresti libero per fine luglio destinazione dublino per vedere i 4 bastardi?"

Era febbraio, le date non erano ancora state pubblicate, eppure lui sapeva già.
A Dublino ci sono andato, e oltre a dimostrare che alla faccia dei nutrizionisti si può vivere per quattro giorni di solo Burger King, direi che dalle nostre facce potrete intuire se ne è valsa la pena.

Secondo, saprete che il mio terzo lavoro, dopo quello con cui mi pago i vizi e quello di cercare i benzinai che accettano il bancomat, è fare il presidente di sezione.
Questo mi ha permesso di essere (credo) il primo presidente in diretta streaming della storia repubblicana, cosa della cui legalità ancora dubito, ma a questo punto chi se ne frega.

Che ho fatto? Leggevo i voti collegato via cellulare ai miei amici buontemponi che si divertivano alla Daje Night (Pronti a Perdere Insieme), o per meglio dire li urlavo e la segretaria li ripeteva.
In questo modo, oltre a intuire per primi rispetto al resto del paese l'ascesa di Topo Gigio, ho anche trovato degli amici.
Amici sì, perché mi hanno aspettato fino alle due e mezza di notte, a spoglio finito, accolto come un eroe, e una mi ha perfino detto "fatti abbracciare".

Anzi, per chiudere il cerchio vorrei dire che il direttore delle news di Red Tv, che incidentalmente ho avuto fortuna di conoscere proprio alla prima Daje Night, ha scritto un bellissimo libro.
Leggendolo ho scoperto perché i miei amici dajisti hanno chiamato il loro foglio "Pattuja".
Per un vecchio informatico come me, vedere certe confluenze è il modo migliore per finire l'anno.

Oltre a ringraziare Gabriele per i biglietti.
Buon 2010.

29 dicembre 2009

Strade di fuoco (34) - Amici toponomastici tour

Via Illorai
Zona Ponte Galeria (Municipio XV)
Salitona da ridotte in quel della Portuense, che è una delle mie strade preferite, e insieme alla Collatina una delle due strade di sangue blu a non avere l'uscita sul raccordo.
Finito l'abitato, la collina di Corviale e il suo più sinistro simbolo aprono un tratto di campagna e boschi, e dopo un po' di curve e salitelle si va dritti come un fuso a Porto, oggi frazione di Fiumicino, che dà il nome alla strada e dove c'è il porto di Traiano, quello esagonale.
Tutti piccoli comuni sardi da queste parti, con questi nomi che non sembrano neanche italiani, ma lo strato italianizzato di qualche lingua remota e inintelligibile.
Come poi è la Sardegna, con lo strato per i passanti fatto di mirto e spiagge, e quello conosciuto quasi solo ai nativi che convive con la maledizione scagliatale dall'impero più famoso del mondo.
Che usava l'isola, senza troppi complimenti, per spedirci i rompicoglioni.

Strade di fuoco (33) - Amici toponomastici tour

Via Ceglie Messapico
Zona Torre Angela (Municipio VIII).
Ormai si può definire come è fatto un quartiere "alla Torre Angela": strada principale che fa da spina dorsale, nel caso specifico via Monopoli, e traverse strette senza marciapiedi, che agli abusivi non interessano.
Questa è quella che i romani chiamano proprio Torre Angela, con tanto di cartello all'inizio.
Oggi si ritrova stretta tra il raccordo e via di Tor Bella Monaca, che per chi non lo sapesse è una lunghissima superstrada.
La "chiusura" non le ha fatto bene, peggiorando una situazione che già rosea non era, e rendendola uno dei posti meno vivibili della capitale.

22 dicembre 2009

Corridoi

Qualche tempo fa c'è stato un evento politico con qualche strascico polemico, strascico che in Italia non sarebbe una gran notizia dato che non ce ne mancano, ma in questo caso la vicenda non era del tutto italiana.
Parlo della nomina dell'alto rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri e la sicurezza comune, detto anche Mister PESC, che è un po' meno noioso del nome ufficiale.
Pareva dovesse essere Massimo D'Alema, o al limite David Milliband, e invece sarà la semisconosciuta Caroline Ashton.

Non perderò tempo con i dietro le quinte che avrebbero portato alla mancata nomina, e tantomeno con le dichiarazioni a casaccio dei vari politici, in particolare di Di Pietro del quale ormai si è persa memoria dell'ultima volta che abbia detto qualcosa di sensato.
Avevo scritto dell'Unione in un altro post, di cui questo è una specie di seguito, quindi si parla più che altro di Europa.

Il primo problema da affrontare quello che a me sembra un errore storico di percezione, e cioè il fatto che l'Europa sia una specie di potere terzo, autonomo rispetto a quelli nazionali.
Ecco, non è così.

L'Europa è, per usare le parole di Emma Bonino, i paesi che la compongono.
Non è qualcosa che sta in cima alla scaletta comune - provincia - regione - stato.
Immagino che molti italiani, vista la miseria che talvolta capita di osservare in patria e dimenticandosi che l'esterofilia è sempre provincialismo, la preferirebbero così, ma purtroppo per loro si sbagliano.
Eleggiamo sì un parlamento, ma non ha quasi nulla del potere e dei compiti di quelli nazionali.

Il vero potere nell'Unione è quello dei singoli governi, esercitato attraverso il Consiglio Europeo.
Un piccolo esempio per essere più chiari: sapete tutti che per entrare nell'area Euro bisogna rispettare certi indicatori economici nazionali come debito pubblico, inflazione e altri.
Una volta ammessi gli indicatori devono essere ovviamente mantenuti, pena l'applicazione di multe.
Chi decide se un paese va multato? L'ECOFIN. L'ECOFIN è l'assemblea dei ministri delle finanze dei paesi dell'Unione.

La decisione viene quindi presa da un organismo che tecnicamente non viene eletto da nessuno, formato da gente che viene continuamente sostituita, in caso di elezioni o rimpasti, e che soprattutto prende una decisone politica, altrimenti potrebbero metterci tranquillamente un foglio excel a fare le stesse cose, e il foglio excel ci direbbe oggi che la Grecia dovrebbe essere multata, e invece non lo sarà.
L'Unione Europea concreta, quella che prende le decisoni che contano, non è quindi un'istituzione, ma piuttosto la somma delle singole istituzioni statali.

Veniamo alla PESC, e soprattutto a capire cosa significa questo curioso acronimo.
La PESC è la politica estera e di sicurezza comune, e non è un'invenzione di oggi, ma era già nel trattato di Maastricht, quello che in pratica definisce l'Unione come la conosciamo e viviamo oggi.
Senza inventare nulla, prendo il pezzetto del trattato di Lisbona:
"The Union shall have competence, in accordance with the provisions of the Treaty on European Union, to define and implement a common foreign and security policy, including the progressive framing of a common defence policy."

Il trattato di Lisbona è un bel casino.
Vi starete immaginando un pregevole volume rilegato in pelle con scritte dorate, ma sareste fuori strada, perché è invece scritto come serie di emendamenti ai trattati preesistenti, che non sono neanche pochi, rendendolo di lettura non proprio agevole.
Se non siete studenti di Scienze Politiche con un bel po' di tempo da perdere vi dovete fidare, e se vi fidate vi spiego perché io alla PESC non ci credo.
(per gli interessati comunque il trattato è qui, così vi risparmiate di passare per il sito della non esattamente graziosa commissaria Ashton)

La frase in inglese riportata sopra mette in chiaro un concetto chiave, la politica estera e di sicurezza implica per definizione la difesa, quindi forze armate, controspionaggio, ricerca militare, caserme.
Basterebbe già questo per tagliare le gambe ai sogni, dato che tutto questo a livello europeo non esiste neanche in embrione.
Ma non è solo questo.

Nell'attuale Unione ci sono paesi che fanno parte della NATO e paesi che non ne fanno parte, paesi che hanno basi straniere sul loro territorio, generalmente americane, e paesi che non ne hanno.
I paesi ex colonialisti hanno ancora rapporti privilegiati con le ex colonie, quelli che confinano con qualche stato importante ma non dell'Unione devono comunque fare i conti con l'ingombrante vicino.
È perfino superfluo ricordare che nelle crisi recenti più rilevanti l'Europa è andata allegramente in ordine sparso, come nel caso dell'invasione americana in Iraq o peggio ancora nella serie di guerre nella ex Iugoslavia.

Ora, la California e l'Arizona possono avere leggi diversissime, ma la loro politica estera è una soltanto, e lo stesso vale per il Molise e la Lombardia, malgrado Formigoni.
Cercando di essere ancora più astratti, una politica estera è una delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, affinché una comunità possa chiamarsi stato, o per dirla logicamente meglio non può esistere una cosa chiamata stato che non abbia una sola politica estera e una sola difesa (e una sola moneta, ma quella più o meno già c'è).

Se la Latveria, ipotetico membro dell'Unione, avesse degli importanti contratti di fornitura di gas con la Symkaria, e quest'ultima fosse sconvolta da un'improvvisa guerra civile che li mettese a rischio, come dovrebbe regolarsi Mister PESC?
Sarebbe sufficente l'esperienza di un ministro degli esteri e magari pure presidente del consiglio per far trovare una sintesi decente agli 26 governi?

Anzi, volendo fare un po' di fantapolitca e dietrologia, potremmo addirittura pensare che un politico comunque di rango come D'Alema non avrebbe voluto sedersi su una poltrona di grande prestigio ma vuota, con un potere perfino inferiore a quello di Viviane Reding, la (sempre sia lodata) commissaria che ha imposto il tetto al costo degli SMS in tutta l'Unione.
Sappiamo che non è andata così, sappiamo che le nomine sono il risultato di veti, ancora una volta, dei singoli governi, su questo o quell'altro nome.
Io comunque al posto suo ci avrei pensato due volte.