15 luglio 2005

RM-AQ-AP-AN-PU (e quasi mesto ritorno)

L'obiettivo in partenza sarebbe raggiungere Ravenna, e se mi gira bene Ferrara.

Per L'Aquila decido di usare la SS 17, o via Sabina, che si prende dalla Salaria subito dopo Antrodoco.

È una strada tranquilla, sembra asfaltata da due ore, dopo un paio di tornanti all'inizio non ha particolari brividi, né si attraversano centri abitati, conduce al capoluogo abruzzese con facilità.

L'Aquila è una città dove potete mettere il vostro mezzo direttamente in centro, ci sono parcheggi riservati, ma è tollerata anche la sosta intelligente.
È un città vivace, all'apparenza benestante.

Ci vuole poco a vedere quello che c'è da vedere, e riparto in direzione Ascoli.

Ovviamente ho scelto la SS 80, statale del Gran Sasso, qui da noi ben nota, merita tutta la sua fama.
L'asfalto è in ottime condizioni, il panorama leggermente rovinato dalle nuvole basse (e nere), ma è pur sempre una montagna grossa come mezza regione.
Strada da fare, senza alcun dubbio, mi sono anche fatto la foto al Passo delle Capannelle.
(Lo so che non è originale, ma con un T-Max sono capaci tutti, no? :-P)

Arrivo a Teramo, dove becco l'unica pioggia, e tutto sommato, date le previsioni, mi va bene, indosso solo i pantaloni della cerata.

Da Teramo a Ascoli uso la SS 81, Piceno-Aprutina, una strada molto tranquilla, che offre lo spettacolo della fortezza di Civitella del Tronto. La visita non è uguale all'impressione che dà vista dalla valle, doveva bastare questo a dissuadere eventuali attaccanti.

Avvicinandomi ad Ascoli, mi accorgo che qui le valli dei fiumi sono veri e propri crepacci, lontano dalla città offriranno tutto il loro splendore.

Ascoli Piceno ha una circolazione abbastanza cervellotica, e quasi tutto il centro non è percorribile se non a piedi o in bici.
Ci sono però parcheggi per motocicli in centro, mentre quelli per le auto sono solo a pagamento.
Piazza del Popolo la sera è molto animata, merita una serata con olive ascolane al cartoccio e birra.

La mattina dopo vado verso Ancona, farò la SS 78, Picena, ma attenzione, per un motivo che mi sfugge, lungo la strada c'è scritto sempre SP 237.
Questa strada è da orgasmi multipli, il Vettore è enorme sulla sinistra, si passa dai crepacci detti prima, a colline verdi da sembrare finte, a paesi che sembrano uguali dal tempo dei comuni. In uno di questi, Amandola, in un attimo ci si trova tra i tavolini dei bar nella piazza principale, attraversata dalla strada.
L'asfalto è perfetto.
In generale, nelle Marche, la manutenzione stradale è invidiabile.

All'incrocio con la SS 77, le cose cambiano. Questa strada purtroppo attraversa vari centri abitati, tra cui Macerata, e fa perdere un sacco di tempo.

Il dramma si compie proprio qui, in un parco fuori dalle mura di Recanati, andando verso Ancona.
Curva a gomito, e dietro la curva, più che brecciolino, una cava di ghiaia.
Non me ne accorgo neanche, nessuna reazione tentata, sono per terra.
Lo specchietto sinistro è partito (sempre lui), qualche graffio alla fiancata, che comunque protegge.

Il guanto sinistro è strappato, la mano no.
La giacca ha toccato sul gomito, ma è intatta.
Non ho ginocchiere, e mi procuro qualche escoriazione al ginocchio sinistro.
Non è il peggio, ma me ne accorgerò più tardi.

Con un occhio a cercare insegne della Kymco, ne ho visti tantissimi, procedo per il Conero.
Molto bello, anche se mi sembra un posto un po' elitario, e inoltre il tempo è migliorato, la strada che lo gira fino ad Ancona è la SP 1.

Ancona mi rovina il paesaggio, mi dispiace, ma è una città che considero brutta, e inoltre, per chi ci è stato, è la fotocopia di Patrasso.

Ho la pessima idea di raggiungere Urbino facendo la SS 16 Adriatica.
È una strada di mare, a Luglio, è piena di autotreni, di semafori, un orrore.
Il vero postumo dell'incidente però, è un dolore che comincia piano piano alla mano destra, il lato opposto a quello della caduta.

Dopo infinite imprecazioni, lascio la SS 16 per Urbino, seguendo una provinciale che non mi ricordo, anche perché il dolore alla mano è quasi insopportabile.

Mentre giro il Palazzo Ducale di Urbino, ho la sensazione che lo scooter a Roma ci tornerà con il carro attrezzi.
La città è inaccessibile a chi non residente, ma se si è clienti di albergo si può entrare, ed è consigliato vivamente, dato che è un posto dai dislivelli impossibili; non si possono fare 100 metri senza farne 30 di dislivello, è come prendere Siena e moltiplicarne le pendenze per quattro.
Alle ragazze del posto, da secoli, è ignota l'esistenza della cellulite.

A me un paio di vasche bastano per sentirmi uno straccio, con vari dolori qua e là, e mi rifaccio con una crescia, specialità locale molto simile alla piadina.
A proposito di questo, Urbino è assolutamente una città della Romagna nella regione sbagliata.

La mattina dopo ho l'intuizione di provare il Lasonil, che sommato alla polsiera del giorno prima, fanno 19 € nelle tasche delle simpaticissime farmaciste urbinati.

Tiro bene il freno, faccio un po' di fatica a ruotare il polso per accelerare.

Torno a casa, e saranno comunque 270 Km da fare mezzo monco.

Scelgo di andare a prendere la E45, così da non essere costretto a cambiare ritmo al motore troppo spesso.
Per arrivarci faccio la SS 73/bis, detta anche di Bocca Trabaria.
Che poi è un pezzo della SGC Grosseto-Fano, o Due Mari, che mi sta un po' antipatica, piena di autotreni costretti dal fatto che è una delle pochissime strade a tagliare l'Italia.
Ma questa parte è una sorpresa, quando comincia il tratto montano è veramente bella, e il passo che dà il nome alla strada è a me sconosciuto.
Il passo fa anche da confine tra Umbria e Marche, in tutti i sensi, perché la qualità della strada scade paurosamente.
Le strade umbre mi hanno deluso, anche più tardi a Todi riscontrerò lo stesso problema.

Un po' la mia cura improvvisata ha il suo effetto, un po' le strade veloci con lo scooter sono un autentica rottura di palle, e decido di andare a Todi per un caffè.
Mi sento meglio, e in realtà un diavoletto tentatore già mi diceva "Ravenna!" da vari chilometri, ma sono veramente stanco.

Rientro a Roma dalla Flaminia, la mano destra è quasi recuperata, e traggo un po' di conclusioni.

Grand Dink 250:
Non è uno scooter da turismo, la seduta è scomoda, e dopo un po' si scivola in avanti.
Il risultato è che i glutei fanno malissimo, e scendere a passeggiare risolve il problema sì e no per mezz'ora.
Non sono certo che tornare da Ravenna sarebbe stata una buona idea.
Il consumo sul misto è ottimo, mentre in autostrada o similari, a seimila giri beve come Frank Sinatra, motivo in più per non farlo.
È molto protettivo, e l'ho potuto sperimentare in diretta.
Dopo il botto si è riacceso senza colpo ferire, e senza rumoracci insidiosi.

Abbigliamento tecnico:
Paga.
E non ho niente di speciale, una giacca della Tucano (Dean) con protezioni sui gomiti, dei guanti estivi con palmo in pelle.
Il casco, a visiera chiusa quasi sempre, non si sente nemmeno (Vemar Dual VXD).

Le case cantoniere dell'ANAS, per cui ho sempre avuto un debole, e ora abbandonate in mezzo a boschi e paesini medievali, ogni tanto mi fanno pensare sottovoce "che culo essere nato qui".

Ora penso a uno scooter più "touring", e comunque Ravenna da lì non la sposta nessuno.

1 commento:

  1. ma che mi tocca leggere? #6 che rischia di sbraciolarsi ;-PPP (anzi, in parte è successo). prima di ripartire stai buono buono, almeno fino al 23 ;-).
    capace la toscana l'hai già girata in lungo e in largo, cmq per un altra volta pensaci. e bon voyage ^___^

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