Leggevo, temendo eventuali applicazioni capitoline, del famoso pedaggio per entrare nella cerchia dei bastioni, l'Ecopass, ossia la Congestion Charge in versione meneghina.
A quanto pare le automobili Euro 3 non pagano.
Euro 3, come la mia Panda del 2001.
Immaginandomi quello che deve essere il parco macchine milanese, questo pedaggio chi lo paga?
Il pulmino dei libici?
28 novembre 2007
Ecco, passace
Scritto da Numero 6 alle 14:50 6 commenti
Etichette: Scootertown
Stephen Fry
È considerato dai suoi illustri e più famosi amici un genio.
È autore di ogni cosa immaginabile, tra cui, per esempio, gli audiolibri di Harry Potter.
È frocio e pure un po' ebreo, negro no di sicuro, comunista chissà.
Fa morire dalle risate, perfino se non sapete l'inglese, anche sul suo blog.
Scritto da Numero 6 alle 12:28 1 commenti
Etichette: Citation Day
24 novembre 2007
"Devono morire tutti"
Stanotte, lontano da noi, è successo un piccolo fatto politico, di cui magari si parlerà e magari no. Ve ne parlo io.
L'ultimo governo della destra ultraliberale, quello australiano di John Howard, è stato sconfitto, o più esattamente travolto, dai laburisti.
Ancora non si sa bene l'entità della disfatta, dato che l'Australia ha il sistema elettorale più complicato del pianeta.
Howard era l'ultimo di quella scuola che ha avuto il suo apice negli anni '80 con Margaret Thatcher e Ronald Reagan (e Augusto Pinochet), ma si è spinto dove Maggie e Ronnie non avrebbero neanche immaginato.
Con Workchoices, un totale revisione della legislazione sul lavoro, Howard ha cancellato o quasi il diritto di sciopero, l'indennizzo per il licenziamento senza giusta causa, la contrattazione collettiva.
Ma più che pensare a cosa cambierà in Australia da domani, pensavo a quanto la nuova destra ha cambiato molti di noi.
Noi di sinistra, intendo.
Ci siamo trovati da un giorno all'altro in un mondo che ci ha preso alla sprovvista, quando abbiamo visto che i ceti deboli non votavano più dove pensavamo che fosse giusto votare.
Ci siamo trovati a pensare che liberalizzare certi settori non fosse poi sbagliato, che lo stato costasse effettivamente troppo e certe cose magari un pochino avremmo dovuto pagarcele.
Poi abbiamo messo il poster di Bersani in cameretta, al posto di quello di Kim Wilde.
Alcuni non l'avevano accettato, c'eravamo spiegati male, non si poteva cedere così, e infatti oggi gironzolano su percentuali da riunione di condominio, e non governano da nessuna parte nel mondo tranne che qui, ma noi, si sa, siamo degli originaloni.
In maggioranza siamo rimasti disorientati, al punto che il nostro nemico ha avuto il tempo di invecchiare e morire ieri sera, di morte naturale, e non l'abbiamo ucciso noi, e neanche ferito.
Cosa potremmo dire a questo nemico?
Ci ha migliorato? Eravamo degli illusi? Eravamo in malafede?
In genere, quando qualcuno ci fa scoprire un libro, un disco, un luogo, qualcosa che ci piace, tendiamo a ricordarlo, e abbiamo anche una certa gratitudine.
Perché ci ha messo davanti ai nostri dubbi privati, quelli che però in pubblico erano certezze.
Perché ha scavato, fino a quando abbiamo confessato che be' sì, che palle 'sti scioperi ma che vorranno mai, stanno sempre a scioperare, e poi i rumeni, mica possiamo permettere che un paese scarichi da noi tutta 'sta gentaglia.
Sono stato a pensare un po', a cosa potremmo dirgli.
Poi sono uscito a comprare le sigarette.
E ho scritto un post con due link al Sole 24 Ore.
Scritto da Numero 6 alle 18:11 7 commenti
23 novembre 2007
Milano 1908
Di recente la Sergio Bonelli Editore ha iniziato una nuova collana, tra le tante (troppe) che ha.
Si chiama Romanzi a fumetti, che poi è semplicemente il termine americano graphic novel, tradotto una volta tanto in modo decente.
La prima uscita, Dragonero di Enoch e Vietti, non mi aveva convinto.
A parte che il genere fantasy è, con rarissime eccezioni, talmente limitato che non capisco come si faccia a tirarci fuori più di un romanzo, e cioè il Signore degli Anelli, ma i riferimenti di Dragonero all'opera di Tolkien erano veramente eccessivi.
Non ultimo, da Enoch mi aspetto di più.
Tutt'altra musica per la seconda uscita, gli Occhi e il buio, di Gigi Simeoni (Sime).
Sime è noto più che altro come autore di SF nelle serie di Nathan Never e Gregory Hunter, e questo romanzo è opera completamente sua, soggetto, sceneggiatura, disegni e copertina, tutto decisamente ben riuscito.
La storia però non è di fantascienza, ma una classicissima poliziottesca, con serial killer e detective testardo.
È ambientata a Milano all'inizio del secolo scorso, dove i primi passi del metodo scientifico nelle indagini, dell'editoria di massa e delle automobili hanno come sfondo una città ancora sconvolta dalle cannonate di Bava Beccaris.
I disegni sono decisamente deluxe, non c'è un solo dettaglio trascurato, e la città, i suoi abitanti, la moda, sono resi in modo impeccabile.
Anche la buonissima sceneggiatura non risente minimamente di qualche piccola forzatura.
Anzi, va detto che Sime è andato a documentarsi perfino sui modelli di pneumatici per automobile dell'epoca.
Lo considero uno dei migliori fumetti italiani degli ultimi anni, ed essendo uscito circa un mese fa, dovreste ancora trovarlo in edicola.
Scritto da Numero 6 alle 16:15 2 commenti
16 novembre 2007
Lo so che è lungo
Si raccomanda vivamente la lettura di questo post e di tutti i suoi commenti.
Nel senso che, se voi non foste semplici flussi di bit, vi prenderei per i capelli e poi vi interrogherei.
Scritto da Numero 6 alle 14:42 7 commenti
Etichette: Citation Day
13 novembre 2007
Voi donne non avete autocontrollo
New York, New York, era successo dopo il punk, è risuccesso dopo il grunge, quando passa la grande ubriacatura tocca rivolgersi a New York, la città dove puoi comprare un'amplificatore alle tre di notte, per citare Lou Reed, uno dei suoi più insigni residenti.
Nel 1998 una serie di conoscenze mette insieme gli Interpol, che come tutte le band che si rispettano cominciano a suonicchiare qua e là per Brooklyn, e aspettano ben 4 anni prima che la (sempre sia lodata) Matador gli faccia stampare il primo album.
Un gruppo che canta decisamente europeo, e la voce profonda di Paul Banks ricorda quella di Ian Curtis, ma anche un gruppo che della Grande Mela qualcosa prende, come la chitarra di Daniel Kessler, che poi è il vero stratega del suono Interpol.
Aggiungere a questo la presenza quasi costante della città nei loro testi, e perfino nell'indirizzo del loro sito.
La scena è al teatro Saschall di Firenze, tipo di struttura di media grandezza che in Italia spesso manca, e che in quest'occasione è veramente strapieno.
Ci sono già stato per vedere Nick Cave, non mi fa impazzire come audio, ma è ben organizzato e si vede bene anche se non vuoi stare proprio sotto.
Prima i Blonde Redhead, che vedo ormai per la quarta volta, e che qualunque cosa facciano, anche solo cinque canzoni da supporter, non deludono mai.
Per me sono l'unico esempio sensato di fuga di cervelli, se fossero rimasti a Milano magari oggi suonerebbero come gli Afterhours.
Gli Interpol attaccano con Pioneer to the Falls, e in un'ora e tre quarti percorrono in pratica quasi tutta la loro discografia.
Sono tutti in completo nero, come da quando hanno cominciato, solo il biondo cantante non ha la giacca, ma è tutto nero anche lui.
Particolare interessante, ci sono degli emuli in giacca e cravatta anche in mezzo al pubblico, roba che non si vedeva dai tempi degli Smiths.
Le uniche gravi mancanze per me, Leif Erikson e Pace is the Trick, in parte consolate da Not Even Jail e Stella Was a Diver and She Was Always Down che non mi aspettavo.
Perfetti i pezzi dei primi due album, qualche piccola incertezza su quelli nuovi.
Menzione speciale per The Lighthouse, che sul disco sembra una canzone di un altro gruppo, mentre dal vivo è molto più coinvolgente.
Concludo con una divagazione. Nella pomeridiana passeggiata fiorentina mi sono fermato a mangiare del tutto casualmente in un posto che si chiama I' Ritrovino de' Servi (spero di aver azzeccato la grafia). Tra lampredotto, ribollita e Fiorentina (la squadra, non la bistecca) ho passato un'oretta estremamente piacevole, e ho mangiato veramente bene. Se ci capitate tenetelo a mente, sta a due passi dal Duomo.
Poi per tornare al Saschall potete prendere il 32.
Scritto da Numero 6 alle 22:11 3 commenti
Etichette: Roma come Manchester, Strolling 40p
11 novembre 2007
San Martino!
(questa canzone si trova nell'album The Unforgettable Fire, è la terza del lato B, e ha una canzone gemella che è la terza del lato A, Wire)
(inizia con una dissolvenza invertita, scelta non inusuale per gli U2)
In the ocean cuts ring deep, the sky.
Like there, I don't know why.
(attacca con una nota folle, già si capisce che il karaoke durerà poco)
In the forest there's a clearing
I run there towards the light.
Sky, it's a blue sky.
In the earth the hole deep, deep, decide.
If I could I would.
(nella canzone che precede questa, Bad, dice "if I could, yes I would", si vede che il concetto gli è caro)
Up for air to swim against the tide.
Hey, hey, hey.
(io qui non ce la faccio più a cantare)
Up towards the sky.
It's a blue sky.
(Sky è la parola bonica per definizione; se prendete centomila persone e fate dire loro "SKY", io vi dico se c'è Bono in mezzo)
To lose along the way the spark that set the flame
("perdere lungo la strada la scintilla che ha acceso la fiamma", la metafora di tutte le metafore, l'amore che finisce, il Partito Democratico)
To flicker and to fade on this the longest day.
(Filcker è scritto in modalita 1.0)
So wind go through to my heart.
So wind blow through my soul.
So wind go through to my heart.
So wind blow through my soul.
So wind go through to my heart.
You give yourself to this the longest day.
You give yourself, you give it all away.
("and you give yourself away" lo canterà tre anni dopo, ma il concetto resta in tutte le liriche di Bono: se stai con me ti valorizzi, se stai con lui sei una zoccola)
Two rivers run too deep, the seasons change and so do I.
(con quest'album la smetterà di sfavare con il ragazzo che si fa uomo, cosa che ha fatto in tutti i dischi precedenti; aveva 24 anni)
The light that strikes the tallest trees the light away for I.
The light away, up towards the sky.
It's a blue sky.
To lose along the way the spark that set the flame
To flicker and to fade on this the longest day.
So wind go through to my heart.
So wind blow through my soul.
So wind go through to my heart.
So wind blow through my soul.
So wind go through my heart.
So wind blow through my soul.
So wind go through to my heart.
You give yourself to this the longest day.
You give yourself, you give it all away.
(dopo questa seguono la semi-sperimentale Elvis Presley and America e la canzone della buonanotte MLK)
(se qualcuno vi dicesse che questo pezzo sembra incompiuto, fossero gli U2 stessi, non credeteci)
(per i giovinastri, terza del lato B vuol dire la numero 8 del CD)
Scritto da Numero 6 alle 23:40 9 commenti
Etichette: Titoli indie e non
09 novembre 2007
Diciamo che a lei è andata peggio
Via Tarpaulin, vengo a sapere che la playmate di quando sono nato era l'olandese Willy Rey (vero nome Wilhelmina Rietveld).
Considerando che all'epoca la chirurgia plastica era al di là da venire, questa ragazza appariva, come dire, gravitazionalmente sorprendente.
Appariva, perché Willy è morta due anni dopo, come si può riscontrare da questo elenco.
Ho scoperto infatti che esiste una specie di culto delle playmate decedute, tale che il povero Strange Ink si chiede come mai un suo post che parla di lei faccia da solo il 75% delle visite al suo blog.
(L'immagine non ha una licenza Creative Commons, ma non me ne può fregare di meno)
Scritto da Numero 6 alle 19:08 11 commenti
02 novembre 2007
"Io so di valere più degli altri"
Al TG1 delle 13:30 di ieri, una povera mentecatta di nome Grazia Graziadei ha inscenato una ridicola pantomima tra le baracche di Tor di Quinto, fingendo che le avessero rubato l'ombrello durante l'intervista con uno di quegli sbandati.
Scenetta che, oltre che un'idea su come si sia ridotta l'informazione in Italia, di cui il TG1 made in Riotta è uno degli esempi più avvilenti, dà anche la sgradevole sensazione di avere troppo senso critico rispetto alla media nazionale.
Detto più semplicemente, il sospetto che il servizio pubblico vi (ci) consideri dei cretini.
(Ringrazio chiunque rimedi il link del servizio, sul sito RAI c'è ma è monco)
Scritto da Numero 6 alle 10:42 7 commenti