Stanotte, lontano da noi, è successo un piccolo fatto politico, di cui magari si parlerà e magari no. Ve ne parlo io.
L'ultimo governo della destra ultraliberale, quello australiano di John Howard, è stato sconfitto, o più esattamente travolto, dai laburisti.
Ancora non si sa bene l'entità della disfatta, dato che l'Australia ha il sistema elettorale più complicato del pianeta.
Howard era l'ultimo di quella scuola che ha avuto il suo apice negli anni '80 con Margaret Thatcher e Ronald Reagan (e Augusto Pinochet), ma si è spinto dove Maggie e Ronnie non avrebbero neanche immaginato.
Con Workchoices, un totale revisione della legislazione sul lavoro, Howard ha cancellato o quasi il diritto di sciopero, l'indennizzo per il licenziamento senza giusta causa, la contrattazione collettiva.
Ma più che pensare a cosa cambierà in Australia da domani, pensavo a quanto la nuova destra ha cambiato molti di noi.
Noi di sinistra, intendo.
Ci siamo trovati da un giorno all'altro in un mondo che ci ha preso alla sprovvista, quando abbiamo visto che i ceti deboli non votavano più dove pensavamo che fosse giusto votare.
Ci siamo trovati a pensare che liberalizzare certi settori non fosse poi sbagliato, che lo stato costasse effettivamente troppo e certe cose magari un pochino avremmo dovuto pagarcele.
Poi abbiamo messo il poster di Bersani in cameretta, al posto di quello di Kim Wilde.
Alcuni non l'avevano accettato, c'eravamo spiegati male, non si poteva cedere così, e infatti oggi gironzolano su percentuali da riunione di condominio, e non governano da nessuna parte nel mondo tranne che qui, ma noi, si sa, siamo degli originaloni.
In maggioranza siamo rimasti disorientati, al punto che il nostro nemico ha avuto il tempo di invecchiare e morire ieri sera, di morte naturale, e non l'abbiamo ucciso noi, e neanche ferito.
Cosa potremmo dire a questo nemico?
Ci ha migliorato? Eravamo degli illusi? Eravamo in malafede?
In genere, quando qualcuno ci fa scoprire un libro, un disco, un luogo, qualcosa che ci piace, tendiamo a ricordarlo, e abbiamo anche una certa gratitudine.
Perché ci ha messo davanti ai nostri dubbi privati, quelli che però in pubblico erano certezze.
Perché ha scavato, fino a quando abbiamo confessato che be' sì, che palle 'sti scioperi ma che vorranno mai, stanno sempre a scioperare, e poi i rumeni, mica possiamo permettere che un paese scarichi da noi tutta 'sta gentaglia.
Sono stato a pensare un po', a cosa potremmo dirgli.
Poi sono uscito a comprare le sigarette.
E ho scritto un post con due link al Sole 24 Ore.
24 novembre 2007
"Devono morire tutti"
Scritto da Numero 6 alle 18:11
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E' inquietante come il Sole 24 Ore stia diventando un quotidiano che sembra di sinista :/
RispondiEliminaGran bel post, complimenti
... quando abbiamo visto che i ceti deboli non votavano più dove pensavamo giusto che fosse.
RispondiEliminaParlo della mia esperienza di napoletana. Nella mia città i quartieri più popolari sono sempre stati storicamente di destra. I lavoratori proletari votavano a sinistra, i sottoproletari borderline (di cui Napoli è piena) votavano chi regalava loro i pacchi di pasta. Poi che è successo? I proletari hanno cominciato ad avere punti di riferimento sempre meno precisi, gli hanno addirittura fatto credere che non esistevano più: a quel punto è stato abbastanza naturale subire la fascinazione di certi messaggi populisti. Il problema, oggi, è che i proletari continuano ad avere punti di riferimento labili. E il nemico non muore mai.
lobo: non è solo Napoli, che per giunta ha una storia particolare.
RispondiEliminaAll'epoca la Thatcher vinse prendendo i voti dei proletari, in buona parte perché aveva nel programma la vendita delle casa pubbliche a prezzi scontati.
Qualche osservazione sparsa.
RispondiEliminaLa prima: accomunare Thatcher, Reagan e Pinochet è un'operazione un po' assurda: il terzo non è "nuova destra", nel senso che non è nuovo (non era nuovo negli anni '70), bensì la riedizione di ciò che "la destra" è stata negli anni '30 e '40 (fascismo e nazismo, insomma, più il primo che il secondo).
La seconda: che poi, quella che chiami "nuova destra" era in realtà la sostanziale riedizione - quanto a moventi politici di fondo - di una destra ancestrale, ancor più vecchia della "vecchia destra" incarnata dal fascismo. La destra, insomma, del liberismo riformista.
La terza: il lascito della "nuova destra" degli anni '80 ha cambiato un po' tutti, compresa la destra (non abbastanza, purtroppo, e lo dico come elettore del centrodestra italiano).
(Addirittura farfintadiesseresani, poffarbacco!)
RispondiEliminaPinochet è tra parentesi, proprio perché il suo accomunamento è dovuto al suo Cile che aveva sposato le tesi dei Chicago Boys.
Poi, il Cile era fascista, USA e UK no, ci mancherebbe.
Mah, il vero problema è che mentre noi "de sinistra", con relativamente poche eccezioni, abbiamo provato a ridiscutere le nostre idee, quelli "de destra" non l'hanno fatto praticamente per nulla - a meno di non voler iscrivere il "conservatorismo compassionevole" in questa categoria di revisioni. Certo, poi c'è pure il paradosso di una destra che finisce per essere a sinistra della sinistra cosiddetta radicale, il che è davvero molto italiano.
RispondiEliminama andate a fare in culo comunisti del cazzo, ciucciate il cazzo a lenin e stalin e inculatevi tra di voi che è l'unica cosa che sapete fare
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