Mi permetto di rendere importante una cosa che sembra piccola, ma in un'epoca in cui per ogni cosa sembra necessario doversi affidare al tecnico incontestabile, dopo i Bertolaso commissari straordinari di ogni fregnaccia, dopo una regione come il Lazio che per decidere dove mettere una discarica invoca il prefetto, sentire il presidente dell'Emilia Romagna dire che le amministrazioni locali funzionano benissimo e che dei dittatori di turno con l'imperio non c'è alcun bisogno, in una situazione come quella che sta vivendo la sua regione, a me mette un po' di speranza.
Anche perché è del mio partito, e perché si vede che in certe regioni le cose vanno in modo diverso che in altre.
31 maggio 2012
Anche perché il commissario straordinario sarebbe lui
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05 maggio 2012
Sir Stewart Wallace
Ci sono canzoni, poche, come Sabotage dei Beastie boys, che danno energia, fanno alzare dalla sedia, fanno fare una faccia arrabbiata mentre si danno pugni all'aria circostante.
Canzoni,come Sabotage dei Beastie boys, che hanno la ventura di avere il più bel video della storia, che è un'affermazione su cui potreste non essere d'accordo se non capite una mazza, e non intendo di video ma proprio di qualunque cosa.
Sabotage, all'inizio ma soprattutto quando attacca il bridge, ha un suono strano che secondo me è la firma della canzone, che conoscendoli pensavo fosse un qualche campionamento.
Scoprii invece vedendoli su MTV che si trattava semplicemente, se così si può dire, di un basso suonato come se fosse una chitarra.
Il video di quell'esecuzione che mi illuminò l'ho perfino ritrovato e l'ho messo qui sotto, con un po' di nostalgia per quella che era la prima MTV che vedevamo noi, sostanzialmente un canale inglese trasmesso in Italia che guardavamo per esterofila curiosità e personalmente anche perché mi piaceva Pip Dann.
Chi suonava quel basso era Adam Yauch, in arte MCA, che se n'è andato ieri.
Akille trova parole più belle di quelle che potrei dire io, a cui posso solo aggiungere che il fatto che muoia gente che aveva sei anni più di me comincia pure a innervosirmi.
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20 aprile 2012
Un giorno tu sarai Glastonbury
Il concerto del primo maggio è Sanremo.
Veramente non so se ha mai cercato di diventarlo, ma alla fine in un modo o nell'altro è andata così.
Forse è perché tutti i concertoni tendono a diventare come il padre nobile del posto, anche gli americani cercano sempre di imitare Woodstock.
Per arrivare a essere un vero Sanremo era necessario avere la caratteristica che distingue il festivalone ligure da tutto il resto, e cioè gli artisti che esistono solo lì, tipo Toto Cutugno o Zarrillo, quelli di cui il resto dell'anno nessuno sente parlare e il primo maggio, ormai, ne ha molti.
Negli anni in cui ci andavo o lo guardavo in TV a svolgere questo ruolo erano gli Agricantus.
Io non ho mai conosciuto un essere vivente, e in mezzo agli esseri viventi ci metto anche i marsupiali e i mustelidi, che abbia comprato o che mi abbia accennato un pezzo degli Agricantus, eppure li trovavi sempre lì, rigorosamente di pomeriggio.
Perché il tramonto è importante; siamo tecnodipendenti, ma quando si suona dal vivo quelli per cui quasi tutti si sono fatti il viaggio o hanno pagato il biglietto è ancora il momento in cui il sole se ne va giù a fartelo capire.
Il concerto del primo maggio è, per un giorno, la terza città meridionale d'Italia.
Secondo me dopo Napoli e Palermo con i numeri ci dovremmo stare, la distesa di gente su quello che tecnicamente è il sagrato di Roma è composta quasi del tutto da ragazzi dell'ex regno delle Due Sicilie, accompagnati dalla solita bandiera con i quattro mori, dalla solita bandiera della Rizla, dalle solite bottiglie di plastica riempite di vino del Todis.
I romani un po' lo sopportano, tanto qui le piazze piene di gente per motivi politici o religiosi sono parte della vita come lo è la pioggia per un londinese, e un po' se ne fregano, perché preferiscono la gitarella fuori con fave e pecorino, quelle due cose che messe insieme non ti si schiodano dall'esofago neanche con l'acido nitrico.
I giovani del sud altro non potrebbero fare: i Blur dal vivo, se sei di Catanzaro, non li vedrai mai.
Il concerto del primo maggio non è il concerto dei sindacati.
A dire il vero non lo è mai stato, io ridacchio sempre quando lo sento dire perché mi immagino Cofferati o Bonanni che stanno lì a decidere se far suonare prima i Litfiba o gli Iron Maiden, magari facendosi negare al telefono se chiama Confindustria.
Ci sono le sigle sindacali sul palco, è vero, ma ci sono perché i sindacati si fanno pubblicità nel giorno che per loro è il più importante.
Su quel palco ci potrebbe essere scritto pure di bere Coca Cola (e sono quasi sicuro che da qualche parte comunque c'è), i suonatori non ne risentirebbero più di tanto.
Ci sono un sacco di giovani e i sindacati pensano che sia un buona idea presentarsi a gente che un giorno potrebbe interessarsi a loro.
E hanno ragione.
Anzi, per dirla meglio, non vi limitate ai messaggi sindacalmente positivi, andate oltre, dimenticatevi proprio le canzoni con i contenuti sociali, lasciatele perdere, la musica leggera è diventata il genere più diffuso della storia perché dei tizi spesso spesso strafatti e strapagati nonché vestiti e pettinati in modo bislacco cantano frescacce.
Parlare di diritti delle minoranze o della pace nel mondo o del problema della doppia fila su via di Tor de' Schiavi non ha mai reso una canzone più bella; Red hill mining town degli U2 è bella perché è degli U2, non perché parla dello sciopero dei minatori inglesi, cosa che tra l'altro ho scoperto due anni fa.
Queste scemenze le dicevo pure io, mi sbagliavo, sono pentito, sono stato folgorato sulla via delle major, sono più maturo, mi dispiace per quelli che mi hanno conosciuto quando ero scemo.
Imagine di Lennon è un rottura di coglioni.
E basta, porca miseria.
(post vagamente ispirato e decisamente richiesto da Rosy qui)
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05 aprile 2012
Purtroppo per voi
(Considerazioni sparse su legge elettorale e altre cose connesse che vorrei venissero smentite dai vari esperti che si leggono qua e là per blog. In alternativa possono spiegarmi perché l'Italia dovrebbe essere un caso particolare)
In Italia il territorio più piccolo che ha diritto di rappresentanza è la Val d'Aosta, la quale ha circa 1/480 della popolazione italiana. Se rappresentatività significa qualcosa il numero dei deputati dovrebbe stare quindi tra 450 e 500.
Diverso è il discorso del Senato dove i territori piccoli dovrebbero essere sovrarappresentati, come lo sono in tutti i paesi regionalisti o federalisti. E l'Italia, Costituzione in mano, è un paese regionalista.
Il premio di maggioranza non esiste in nessun paese del mondo.
L'indicazione della coalizione non esiste in nessun paese del mondo.
La soglia di sbarramento, per i sistemi proporzionali, c'è quasi sempre. Per esempio la Turchia ce l'ha al 10% (troppo).
Il primo ministro (o sinonimi) è praticamente sempre il segretario del partito più grande della coalizione vincente. Va detto che la DC, primo partito in Italia finché è esistita, non amava questa sovrapposizione.
Il primo ministro non è inamovibile, neanche nei sistemi più maggioritari. Margaret Thatcher e Tony Blair sono stati sostituiti dai loro partiti, non dagli elettori. Helmut Schmidt è stato sostituito dal parlamento, o meglio da un partito alleato che è passato dall'altra parte. È però vero, per prassi e non per regola, che quando il governo cade in genere si vota.
Le garanzie per la presenza di donne (dette "quote rosa") le hanno in molti, pur essendoci notevoli assenze.
Il finanziamento pubblico ai partiti lo hanno praticamente tutti, tranne quelli che trovate qui.
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24 marzo 2012
Una cosetta
Quando la ministra Fornero dice sorridendo che la modifica dell'articolo 18 è solo un paragrafo di una riforma molto più ampia non sta minimizzando, ma sta dicendo un'ovvietà.
L'articolo 18 non sta lì per dire cosa fanno un imprenditore e un lavoratore nella quotidianità dei loro rapporti, sta lì per mettere un limite alla libertà dell'imprenditore, per dire che quel comportamento, il licenziamento individuale ingiustificato, non è ammesso in nessun caso.
Allo stesso modo, dire a scopo di sostegno alla sua modifica che in fin dei conti riguarda solo una minima percentuale delle cause di lavoro, dovrebbe far ribattere che ci mancherebbe pure che le cause di lavoro fossero tutte o quasi dei licenziamenti ingiustificati*.
Ci sono leggi, ce ne sono tantissime, che trovano applicazione solo in rarissimi casi.
Questo non le rende meno valide o, peggio, inutili, ma le rende proprio quello per cui sono state messe lì, barriere al di là della quale c'è quello che non vogliamo.
Per tutti i rapporti di forza disuguale, come genitore figlio o medico paziente, ci sono leggi così, e tutti vogliamo, anche attraverso altre norme a supporto, che non siano mai applicate.
Ciò non toglie che ci devono stare, banalmente perché in uno stato di diritto quello che non è vietato sostanzialmente è permesso.
Restando sul tema, durante il suo intervento immediatamente successivo alla chiusura delle trattative da parte del Governo, la segretaria Camusso ha detto una cosa passata un po' inosservata, cioè che in Italia non è mai esistita una causa per licenziamento discriminatorio.
Proprio così, nessuno è mai finito davanti a un giudice perché il suo licenziamento dipendeva dall'essere frocio, negro, ebreo o fan dei Negramaro.
C'è qualcuno che si sognerebbe di dire che causa inutilizzo una norma a difesa del lavoratore non dovrebbe starci?
In conclusione, quando De Bortoli scrive "Davvero è questo il clima che si respira nelle fabbriche, al di là di qualche isolato episodio?" dovrebbe ricordare che l'articolo 18 serve per l'isolato episodio, non per il clima, e che i licenziamenti collettivi o i prepensionamenti non c'entrano niente con l'articolo 18, sono altre situazioni, hanno altre leggi e non per caso, ma perché sono cose diverse.
E se possibile ci risparmi questa lagna della modernità. Dica che la sua è una posizione liberale, conservatrice, usi l'aggettivo che vuole.
Di diritti che vogliamo non far invecchiare ce ne sono a centinaia, di alcuni abbiamo stabilito la necessità da secoli, e io credo che il diritto del lavoratore a non essere licenziato ingiustificatamente debba restare.
E credo anche che le posizioni come quella di De Bortoli siano rispettabili, talmente tanto che non vedo l'ora di discuterne nel 2013, con un'urna elettorale davanti.
* avevo scritto illegittimi, che effettivamente causava una buffa tautologia.
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23 febbraio 2012
I'm coming to find you if it takes me all night
Tre anni fa, a un concerto all'Init, la cantante dei Love is all, prima di iniziare, si rivolse al pubblico chiedendo se il giorno dopo qualcuno dovesse andare a lavorare.
A chiunque non sia di Roma, figuriamoci a una svedese, l'orario di inizio dei concerti sembra una cosa più adatta alle rapine che alla musica, o forse si fa l'idea che i romani siano talmente bourgeois da potersene fregare e presentarsi al lavoro verso mezzogiorno.
Non è così. Se vogliamo essere buoni diciamo che l'abitudine nottambula ha a che fare con l'orario capitolino della cena e con la difficoltà di movimento in città.
Se vogliamo essere cattivi invece ci chiediamo a che scopo mettere su un biglietto che apri alle nove e che il concerto inizia alle dieci.
Mi presento al Lanificio alle nove e tre quarti e trovo la sala d'aspetto, che in realtà è un parcheggio per gli scooter, già bella piena di gente che magari è lì dalle nove e che non è entrata.
Aspetterà un bel po' ancora, diciamo le dieci e mezza, prima di entrare in una stanzetta più piccola di casa mia, con una simpatica colonna in mezzo, con un palco alto dieci centimetri, con la conseguenza che chi sta dietro vede sì e no la capoccia del cantante.
Poco male, tanto sono alto, ho perfino il tempo di pagare 5 Euro una birra piccola.
La vendita dei biglietti ha seguito il criterio "copri tutta la superficie calpestabile", siamo belli compatti e abbiamo come unica fonte d'aria le porte d'emergenza che danno sulle rive dell'affluente del Tevere.
Immagino che d'estate siano costretti ad aprirle, con conseguente festa delle zanzare del 41° stormo "Draghi dell'Aniene" a pasteggiare sulle spalle delle avventrici.
Ora sembra che io ce l'abbia troppo con il signor Lanificio (si chiama Pino, Pino Lanificio) ma non è vero. Cioè, non solo con lui.
Ce l'ho anche con quei buiaccari della foto digitale, quelli che si mettono la foto di Facebook con l'occhio nel mirino della macchina.
Ecco, spiegatemi le foto con il flash. Sul serio, io vorrei capire come con le digitali di oggi, degli arnesi con cui anche un paraplegico immerso nella pece saprebbe scattare cose illuminate decentemente, a voi non riesca di non usare, nel 2012, cristo, il flash.
E vorrei chiedere anche ai signori Ausgang, quelli che prima erano i signori CircolodegliArtisti, ma ci meritiamo posti così? Posti dove devo arrivare presto per evitare la colonna in mezzo?
Una cosa che non sia un rudere industriale (rimasto tale) in mezzo a una strada dove non c'è manco un bar o un kebabbaro a Roma proprio non si trova?
Mi verrebbe da dire che manco al centro sociale ma sarei ingiusto, tutti i centri sociali che ho visto erano meglio.
Ho pure paura di fare qualche affermazione tipo che non ci metterò mai più piede perché tanto lo so che due minuti dopo esce l'annuncio che ci suoneranno i Radiohead.
Almeno ditemelo, guarda è così non c'è niente da fare, vivi in una città del terzo mondo che manco si può permettere di organizzare le Olimpiadi, non puoi pretendere che un'artista 4AD che ha suonato da Letterman abbia chissà quale trattamento.
Oppure ditemi che non ci capisco un cazzo e che alla fine St. Vincent ha pure fatto stage diving e si è divertita quindi a lei andava benissimo.
Meglio ancora se me lo fate dire da lei in persona.
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28 gennaio 2012
Coraggio
Una sera del 1993 l'artista più bravo a fare cover che sia mai esistito era impegnato in un concerto a New York.
All'inizio di una canzone con il titolo un po' strano, Jesus doesn't want me for a sunbeam, dove ancora più stranamente il bassista aveva preso una fisarmonica e il batterista un basso, fa il nome della band di cui stava per suonare una bellissima versione della canzone: i Vaselines.
Bello, vero? Però questo è successo quando abbiamo visto il disco dell'Unplugged.
Quella sera che lo vedemmo su MTV, e gli Unplugged di MTV si guardavano se no eri un poveraccio che magari andava ancora in giro con il Moncler, i più scafati di roba indie tra di noi avevano a malapena riconosciuto i Meat Puppets, ma di questi Vaselines non sapeva niente nessuno, e manco c'era un blog che avesse scritto un post su di loro, che so, nel 1987.
I Vaselines erano un gruppocoppia, quelli che portano con sé il rischio che la coppia finisca portandosi dietro il gruppo e infatti questo era successo.
Anni dopo sul famoso PC di Disfunzioni Musicali avrei trovato scritto "la band preferita da Kurt Cobain", che più o meno come dire "il presidente del consiglio preferito da Mario Monti". E chi se ne frega? E invece no, non si può dire, perché di un mito sono mitiche anche le presine della cucina, perché Mario Monti non ha (ancora) scritto Lithium.
Dopo che Kurt morì quelli che facevano i soldi con i dischi dissero ai Vaselines "dai fatene un altro" ma loro dissero no, non si volevano vedere, si detestavano, facevano già un sacco di soldi con i diritti e non erano dovuti finire come qualcun altro a rimettere a posto ogni sera lo Småland dell'Ikea fracassato dai bambini.
E allora quelli che facevano i soldi pubblicavano la raccolta dei Vaselines, poi l'edizione deluxe, poi la über deluxe, poi gli inediti, poi i remix, poi i remix di Smeerch e poi gli chiedevano "dai fatene un altro" e loro no.
Finché dopo vent'anni decidono che ormai non si ricorda più nessuno, ormai sono due simpatici vecchietti che possono farsi un giro per il mondo suonando senza portarsi dietro l'etichetta di quelli che se non fosse stato per quello lì sarebbero stati degli sconosciuti da un album e fine.
E allora io decido che dopo essermi portato in giro per Roma due divani posso pure andarmeli a vedere tanto per chiudere un altro cerchio della gioventù.
Suonano all'Angelo Mai, un posto che una volta era a Monti (il rione, non quello che non ha ancora scritto Lithium) e che dall'enorme vecchio edificio dov'era ha preso il nome. Dopo che li hanno cacciati da lì sono andati a Caracalla, ma hanno tenuto il brand.
Preceduti dai Demoni, un gruppo con groupies abbastanza simile, forse anche troppo, ai Diaframma, Eugene e Frances salgono sul palco e tanto per ricordarmi che è passato qualche annetto uno non ha più un bel po' dei suoi capelli e l'altra ha una tinta bionda discutibile, perfino di più delle sue calze marroni.
Quelli che se ne intendono direbbero che i Vaselines erano un gruppo C86 e non sarebbe certo sbagliato, anche se avevano comunque il vizio di mettere qualcosa di inusuale, come una fisarmonica o una trombetta da bici, nei loro pezzi.
Ma quelli di oggi non lo sono quasi più, sembrano una band americana, come se le loro canzoni fossero state prese e prodotte dai Calexico.
Su una cosa si sono sbagliati: il pubblico applaude e apprezza ma salta e urla quando partono i pezzi che furono rieseguiti dai Nirvana.
Su una cosa hanno ragione: si stanno evidentemente divertendo, hanno quasi sessant'anni e c'è gente che ha un terzo della loro età che ha pagato per vederli e che ne sa perfino qualcuna a memoria.
Chiudono con Dum-Dum e finalmente c'è un po' di giustizia, punk e gente che si esalta per qualcosa che è soltanto loro.
Nelle ultime canzoni un impensabile accenno di pogo che, unito al fatto che si fumasse in sala, rimanda a casa i partecipanti al giro turistico negli anni '90.
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17 dicembre 2011
Come dire
(Un po' di tempo fa Gallizio, che è uno che non sapevo chi o cosa fosse, mi ha regalato un libro. All'inizio ho pensato che Gallizio fosse un ente benefico che dona libri agli sconosciuti, poi per un'occasione che non c'entra niente con l'editoria ho potuto accertare che invece è un uomo in carne e ossa. È molto alto)
Il libro è Come dire, di Stefano Bartezzaghi, il quale, oltre ad averne già scritti altri, qui in giro per la rete è l'autore di Lessico e Nuvole, blog di giochi linguistici.
Bartezzaghi è il figlio del noto enigmista Piero, che chi come me è figlio di appassionati enigmisti, cioè chiavi di casa, prima paghetta e prime parole crociate a schema libero, conosceva fin da ragazzino.
Siccome non sono bravo a fare le pagine culturali scrivo tre cose che mi hanno colpito del libro.
La prima è questa:
"Non abbiamo certo bisogno di dirci che i gerghi vivono sulla deformazione della lingua, anche se forse questa possibilità di deformazione dovrebbe dirci qualcosa a proposito della lingua, della sua duttilità e di quanto sia davvero impossibile (o inservibile) pensarla come un codice. Un codice ammette delle trasgressioni periferiche e occasionali, ma per il resto è sempre in vigore. secondo l'apparente paradosso dell'“eccezione che conferma la regola”. La lingua invece funziona diversamente."
La seconda, che segue uno dei temi più importanti del libro e cioè quello degli errori di grammatica, è che le infrazioni, o meglio quelle forme che vengono introdotte per la prima volta nella lingua, sono introdotte quasi sempre dai più grandi, come Calvino, Gadda o Queneau.
Che vuol dire, specialmente per gli strafalcionisti creativi, che anche di infrangere bisogna poterselo permettere.
La terza è legata al capitolo 23, un linguaggio in maschera (tutti i capitoli hanno titoli molto divertenti).
Questo capitolo, insieme al successivo, passa in rassegna l'uso del testo nella musica operistica e in quella pop, giungendo alla conclusione, per me condivisibile, che le parole in musica sono utili a patto di dimenticarsi cosa significano.
Ma la cosa che lo rende la ragione per cui leggersi il libro è il numero impressionante, e a me finora sconosciuto, dei modi di dire che usiamo oggi e che vengono dalle opere di Verdi.
In pratica è un magazzino di citazioni.
E si sa che sul web, senza una (cit.), non sei nessuno.
(Grazie ancora a Gallizio per il libro)
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10 dicembre 2011
A Natale il primo “The Best Of” dei Chemical Chaltrons
Dopo appena due album - osannati da critica e pubblico non appena ritirati dalla distribuzione - uscirà a Natale per l'etichetta Postal Market Records il primo "The Best Of" dei Chemical Chaltrons. La raccolta s'intitolerà "Please, don't buy this best of" e conterrà al suo interno, oltre ai maggiori successi del duo labronico-capitolino, due remix realizzati a sua insaputa da Paul Oakenfold, dopo i postumi di una sbornia epocale da limoncello, una versione elettro-goth di un tipico canto natalizio abruzzese, un booklet biodegradabile con inserti glitterati in amianto e una decina di Bund tedeschi autografati da Angela Merkel in persona.
Come tiene a precisare l'ectoplasmatico duo Antobel&Numero 6 "La realizzazione del disco non è stata dettata affatto da esigenze commerciali, vista l'imminenza delle festività natalizie - come invece sostengono vigliaccamente alcune voci maliziose - bensì dalla necessità di scongiurare un calo d'attenzione nei nostri confronti da parte di pubblico e mass-media in virtù degli interminabili intervalli temporali che intercorrono tra le registrazioni dei nostri dischi. Purtroppo, o per fortuna, la gestazione dei nostri lavori è a dir poco maniacale - (ne sanno qualcosa le addette alla pulizia della sala di registrazione, ndr) - e finché tutto non ci soddisfa a pieno preferiamo ricominciare da capo, a costo di cambiare radicalmente le carte in tavola, le fidanzate, le auto aziendali e persino la nostra formazione nel torneo di fantacalcio".
Fatto sta, per dovere di cronaca, che ancor prima della sua uscita ufficiale la raccolta sembra avere già suscitato la curiosità degli addetti ai lavori perché bandita anzitempo da iTunes e da tutti gli altri digital-stores per la crudezza della sua copertina che, ricordiamo, ritrae Antobel&Numero 6 nell'atto di pagare l'IVA presso uno sportello dell'Agenzia Delle Entrate sotto gli occhi attoniti della Polizia Tributaria.
Buon ascolto e Buon Natale.
Dicono di loro:
“dopo l’ascolto di questo ‘Best Of’ per la prima volta in redazione non festeggeremo il Santo Natale” (Rockerilla)
“Da quanto ci risulta il cd è ancora sotto sequestro presso la dogana di Heathrow” (New Musical Express)
”Miss Dicembre ci ha querelato per colpa della pubblicità del cd collocata sotto le sue foto” (Playboy)
“L’ennesimo, riprovevole, attacco alla Chiesa. Un duro colpo anche per la morale cattolica” (Famiglia Cristiana)
“Nessun problema se il disco verrà distribuito da Roma in giù” (La Padania)
“Si sente e come la produzione artistica di Luciano Moggi” (La Gazzetta Dello Sport)
“Dalla prima all’ultima traccia, 38 minuti e 20 secondi: di gran lunga più lenti della nuova Nissan Micra 1.2 16V” (Quattro Ruote)
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17 ottobre 2011
Il black bloc svela i piani di guerra
X. è viterbese, è un "nero", ha una laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche ("perché era pieno de fica", dice lui), e un lavoro precario da community mayorshipper.
In cosa consiste il suo lavoro?
Aiuto la gente a diventare sindaco su Foursquare.
È un lavoro difficile?
Sì, devo stare tutta la giornata davanti a Twitter, e dopo due anni ancora non ho un contratto a tempo indeterminato da quadro.
Come vi siete nascosti nel Movimento?
Il Movimento ci conosce benissimo, e ci conoscono anche le guardie, siamo quelli con le felpe nere Carhartt, però non quelle tarocche che hanno tutti.
Come vi siete preparati?
Eravamo divisi in due falangi, la prima, la "Rino Gaetano" era composta da circa 13 persone e mezzo, dato che uno è molto basso, e doveva intervenire appena passati davanti alla Base di via Cavour.
La Base nel senso di al Qaeda?
No, la pizzeria che è aperta pure alle 5 di mattina, che pure se è tutto congelato metti che ti viene fame dove altro vai?
E la seconda falange?
La seconda falange, la "Daniele Silvestri", aveva il compito di lasciare parcheggiata sin da venerdì sera una Mini piena di bombe carta, mazze, biglie e laser dei cinesi, che ci sarebbero serviti per la manifestazione.
Parcheggiata dove?
In doppia fila davanti alla Coin di San Giovanni. Non se n'è accorto nessuno.
Perché eravate così armati? Poteva scapparci il morto.
E quanti morti invece fa questo sistema? Chi è l'assassino di Steve Jobs? E l'arbitro Tagliavento?
Ma lei è romanista?
Non mi interessa il calcio, i calciatori fanno parte dell'1%, noi siamo l'altro 99%.
Come agite tatticamente?
Siamo divisi in batterie da 12, 15 persone, ogni batteria si schiera con gli scudi e le lance lunghe rivolte verso il nemico.
È la stessa organizzazione della falange macedone.
Infatti, solo che i macedoni l'hanno dimenticato e non se l'aspettavano.
I macedoni?
Sì, un fioraio verso via Labicana, era un bersaglio straordinario e prenderlo ai fianchi era uno scherzo.
E lui che ha fatto?
Ha chiamato un paio di amici suoi del campo nomadi di via di Salone e allora abbiamo pensato che forse non era l'obiettivo giusto della nostra guerra.
E qual è l'obiettivo giusto?
Siamo contro le banche, il debito sovrano, il precariato, la new wave italiana, il free jazz punk inglese e la globalizzazione che costringe i cittadini dei paesi dell'Est Europa a prendere la cittadinanza tedesca e segnare al terzo minuto di recupero.
Ma lei è proprio sicuro di non essere romanista?
Non mi interessa il calcio, i calciatori fanno parte...
Sì sì, ho capito, e allora cosa avete fatto?
Un'azione fortemente simbolica, abbiamo sputato a un vecchietto che andava in giro con i capelli bianchi lunghi legati dietro e diceva di aver votato contro.
Be', certo, proprio un'azione di guerra.
Non parlo di politica con un blogger.
E con chi ne parli?
Non te lo dico, ma non è finita: siamo già stati trending topic su Twitter per un giorno, possiamo esserlo ancora.
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16 settembre 2011
L'indice
Mettiamo una sera a casa di amici, mettiamo che si conoscano tutti bene, mettiamo che si parli pure di cose un po' osé, ché tanto siamo tra vecchie conoscenze.
A un certo punto Terenzio, mentre si commenta l'attualità, se ne esce con "ma figurati, pure a Teobalda piace prendere le melanzane nel culo".
Teobalda, se dovessi regolarmi sulla mia piccola esperienza in fatto di donne, probabilmente si metterebbe a piangere dalla vergogna, o si girerebbe come una pantera verso Terenzio dicendogli che certe cose forse le fa sua sorella, o sua madre.
Io, cercando di continuare a mangiare nascondendo l'imbarazzo, o meglio il ribrezzo, troverei che Terenzio è un tizio da non vedere mai più.
Ci sono mille ragioni per cui parlare di quello che succede nella zona in mezzo alle gambe è considerato, almeno, da maleducati, e fanno parte di quella cosa che si chiama cultura, quella che studiano gli antropologi.
Io non sono antropologo, e semplicemente mi adeguo; non do informazioni sulla vita sessuale di chi mi circonda in mezzo alla strada, e considero chi lo fa un individuo spregevole.
È giusto? Non mi interessa, come non mi interessa la ragione per cui non ci spremiamo i brufoli al ristorante.
So che è così che mi hanno insegnato, e so che qualunque cosa di cui desideriamo la massima disponibilità, come le idee religiose o politiche, deve essere accompagnata da un po' di segretezza, e non credo che sia necessario spiegare il perché.
Eppure, in questo momento, su tutti i quotidiani e i social network della nazione sta succedendo proprio questo: la vita sessuale di un bel po' di gente, compresa di stramberie, viene resa del tutto pubblica.
Bacheche di Facebook, pagine di Friendfeed, blog o altro sono ben pieni di link a fonti sì variegate, ma tutte classificabili tra le fogne dell'informazione.
Si obietterà che si tratta di Berlusconi, che come noto è brutto, cattivo, non ha diritto alla riservatezza come tutti gli altri eccetera, eccetera, certamente, e il problema infatti sono proprio gli altri.
Non è strano che quei mezzi che parlano di rappresentazione deviata della femminilità siano gli stessi che oggi trovano giusto fare elenchi di ragazzacce debosciate le quali non solo non sono accusate di nulla, e già farebbe schifo così, ma vengono tirate dentro sulla base di indiscrezioni sulle intercettazioni?
Non pensate che se questo trattamento viene riservato a quello che è l'uomo più potente d'Italia, e quindi in grado di difendersi come nessun altro, voi che siete, come me, degli illustri signori nessuno nella stessa situazione vi trovereste ad affrontare un uragano con un filo d'erba?
Non pensate che, nel momento in cui l'onorevole Elzeviro Pippacci venisse arrestato per tangenti, voi che ci siete uscite per un po' dieci anni fa quando era assessore di Rocca Cannuccia vi potreste trovare a dover spiegare agli amici perché vi piaceva essere presa a frustate sulle chiappe?
Questo non è avanzare verso una società migliore o più giusta, ma il suo contrario, precipitare verso le torce e i forconi.
Non potete essere sicuri di non essere la prossima Teobalda.
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02 luglio 2011
Prenestina
Quando Mark Sandman se n'è andato io non conoscevo così bene i Morphine. C'era già il web, c'erano gli mp3 ma alla fine per conoscere gli indipendenti, quelli nel vero senso della parola, avevi bisogno di qualche iniziato che ti imbeccasse.
Non li conoscevo, eppure ricordo il giornale radio della mattina che dà la notizia, e i telegiornali, compresi quelli grossi, che lo ripetono durante la giornata;
forse perché quella cittadina vicino Roma, che organizzava un festival dal cartellone così internazionale, sembrava un posto un po' provinciale per far morire un americano.
Ma per me era comunque morto uno che faceva rock con un po' di jazz dentro, all'epoca abbastanza di moda, era morto quello della band che suonava senza la chitarra, e nient'altro.
Ieri un mio amico con le maiuscole e la sintassi incerte ha messo il video di The Night, e mi ha fatto tornare in mente tutto questo.
Ho pensato che siccome morire a quarantesei anni è ingiusto in ogni tempo e in ogni spazio, la storia potrebbe essere stata diversa.
Ho immaginato che quella divinità che aveva proposto ad Achille una giovane morte eroica al posto di un'anonima vecchiaia fosse andata dal nostro Mark a offrirgli lo stesso patto, morire sul palco mentre suonava invece che in un ridicolo hotel, morire vicino all'eterna Roma, nella cittadina dove secoli fa era nato uno dei creatori della musica moderna, invece che nella sua Boston.
Ho immaginato che Mark sarebbe stato un po' riluttante, ma che la divinità avrebbe rilanciato con l'intitolazione di una scalinata, ché neanche Syd Barrett e Ian Curtis hanno tutte queste strade con il loro nome, e perfino a De André hanno rimediato una piazzetta alla Magliana, mica tanto di più.
Ho immaginato che la divinità, come ultima offerta, lo avvisasse del fatto che sarebbe stato meglio morire prima che una folla piena di telefonini potesse riempire la rete di immagini e filmati del suo cadavere sul palco.
E che Mark, a quel punto, abbia detto di sì.
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27 giugno 2011
Io confesso
Stavo pensando, il perché ve lo spiego dopo, che non posso scagliare la prima pietra.
Ho creduto finora che Berlusconi fosse un avversario politico ma mi sbagliavo: è un dittatore, e quindi contro di lui vale tutto.
Qualche vecchio scemo potrebbe obiettare che i dittatori non perdono le elezioni e i referendum, ma è una sciocchezza: Pinochet aveva perso un referendum, Milošević aveva perso le amministrative, quindi Berlusconi, per ineffabile logica, è un dittatore.
È altresì evidente che, essendo Berlusconi il male e di destra, chi sta con il bene e a sinistra deve essere contrario a qualunque cosa dica, e quindi questa riservatezza delle comunicazioni, che qualche poveraccio a corto di logica aveva perfino messo nella costituzione, sia un vecchio arnese che andrebbe pensionato.
Quindi, tornando all'inizio, devo dire che una volta ho falsato il regolare percorso verso il successo dei probi e degli onesti, una mia irresponsabile azione ha cambiato per sempre la storia di questo paese, ed è giusto che tutti sappiano.
In un momento verso la fine degli anni '80, che non ricordo esattamente ma che gli inquirenti sapranno trovare senza problemi, al telefono con un mio compagno di scuola ho pronunciato la seguente frase:
"Me sa che domani faccio sega, nun so un cazzo".
Dato che ultimamente va di moda sottotitolare anche il dialetto romano, preciso che la frase sopra può essere resa con "sono intenzionato a essere assente domani, dato che non ho studiato e non vorrei prendermi un'insufficienza".
Quello con cui parlavo, pur sapendo della mia intenzione non penalmente rilevante, non ha fatto una pubblica delazione come avrebbe dovuto, e sono pronto anche in questo caso a farne il nome, appena me lo ricordo.
Qualcuno sarà stato sicuramente interrogato al posto mio, avrà preso un votaccio, sarà diventato un precario e non può comprarsi l'iPad, e tutto per colpa mia.
Sono pronto a dimettermi, però ho appena notato che non sono membro praticamente di niente e quindi, dopo una penosa autocritica, ho deciso di restituire la tessera Mediaworld, in fin dei conti il televisore in offerta l'ho già preso.
(Per i meno attenti: questo è un articolo di dileggio verso una cosa che ha a che fare con il disgusto e con la riscossa morale, scritta su una fogna di giornale che non metto, guglatelo da voi, perché finché si scherza si scherza ma a certi livelli non pensavo ci si potesse arrivare. Meglio invece leggere questo.)
(Mi è anche venuto in mente ora che qualcuno potrebbe arrivare qui cercando la canzone di Piero Ciampi. Siccome ne avrebbe ragione e mi dispiacerebbe deluderlo, la metto)
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06 giugno 2011
The winner takes a 60 percent majority
Sono state le elezioni in cui chi ha vinto non faceva parte del gruppo l'avevo scritto in un post del 2009 né del gruppo eliminiamo un dirigente a caso e prendiamo centomila voti sicuri, ma loro ovviamente pensano di sì.
Sono state le elezioni di Sucate e Giandomenico Puppa, di Pisapia canaglia, del favoloso mondo di Pisapie, ma anche le elezioni di questo capolavoro di jAsOn qui a fianco.
Peccato non si possa ricandidare; per una reunion così avrei preso la residenza in Lombardia e l'avrei votato.
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28 aprile 2011
Āl ǧabr
Qualche giorno fa il sottosegretario Carlo Giovanardi, in un programma televisivo di un tizio con un nome buffo, ha avuto da ridire su una campagna pubblicitaria di un noto mobilificio svedese.
Riporto da ANSA:
"Contrasta a gamba tesa contro la nostra Costituzione, offensivo, di cattivo gusto. L'Ikea è libera di rivolgersi a chi vuole e di rivolgere i propri messaggi a chi ritiene opportuno. Ma quel termine 'famiglie' è in aperto contrasto con la nostra legge fondamentale che dice che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio, in polemica contro la famiglia tradizionale, datata e retrograda"
Per capire la dichiarazione studiamo un po' chi è Giovanardi.
Il senatore Giovanardi ha svolto quasi tutta la sua carriera politica nella DC e poi nell'UDC, ma alla vigilia delle elezioni del 2008 decide di passare da Berlusconi il quale, notoriamente generoso, gli regala il posto da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega a famiglia, droga e servizio civile.
Fatto sta che il mese scorso Tremonti ha tagliato i viveri, il Fondo per la famiglia, circa del 90%, rendendo la delega praticamente inutile.
A questo punto il nostro si è trovato improvvisamente con un sacco di tempo libero, che ha deciso di impiegare occupandosi di pubblicità.
Per quanto mi riguarda Giovanardi è liberissimo di trovare di cattivo gusto due uomini che si tengono per mano.
Anche a me non piacciono quelli che si slinguazzano per strada, o quelli che ci rendono edotti della marca delle loro mutande, ma io non sono sottosegretario e non me la prendo con famosi mobilifici, ed è per questo che finora non lo sapevate.
Fino a qui avremmo potuto liquidare la faccenda tra le lamentele di un vecchietto bacchettone, ma il senatore, sicuramente perché ha tempo di elaborare, parte per la tangente e teorizza il concetto di pubblicità anticostituzionale.
Concetto interessante, infatti ci sono stato a pensare un bel po', e alla fine ho deciso che potrebbe stare bene insieme ad altri simili come fuorigioco di Van der Waals e quadratura del Burkina Faso, e cioè tra le cose senza senso.
Sarebbe stato bello finire in gloria, ma non ci si è riusciti perché un deputato del PD, Giorgio Merlo, decide che non può non aver nulla da dire, e poi il mobilificio è veramente famosissimo, e quindi sul suo blog scrive questo:
“Un conto è denunciare il fallimento del Governo sulle politiche per la famiglia e per l’infanzia. È appena sufficiente ricordare il pesante taglio deciso dal Governo Berlusconi a favore delle famiglie italiane. Altra cosa, invece, è ricordare e custodire il valore costituzionale della famiglia. Su questo terreno il sottosegretario Giovanardi ha ragione. Senza se e senza ma. E il messaggio pubblicitario dell’Ikea va denunciato. Almeno per chi crede nel valore costituzionale della famiglia”.
Presentiamo anche l'onorevole Merlo, deputato eletto nella circoscrizione Torino, di lunga esperienza, membro della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, detta tra gli amici Vigilanza RAI.
Che fa la Vigilanza RAI? È una commissione di quaranta parlamentari, presieduta per cortesia istituzionale da un membro dell'opposizione, che si riunisce quando succedono casini nelle trasmissioni di Santoro.
Non che il nostro Michelone nazionale non ci provi spesso a far casino, ma non ci riesce sempre, quindi l'onorevole Merlo, come il collega Giovanardi, ha un sacco di tempo da perdere, che ha deciso di impiegare occupandosi di pubblicità.
La sua dichiarazione ha tutta l'aria di una preterizione, e parte anche bene, subito un'accusa ai tagli di Tremonti alle politiche per la Famiglia, e quasi ti viene da dire "vai Giorgio, vai!".
Poi però anche lui espone una sua teoria, elaborata probabilmente nelle lunghe passeggiate al Caffé Sant'Eustachio, che guardacaso coincide con quella di Giovanardi, e per la quale valgono le considerazioni fatte sopra.
L'obiezione più scontata sarebbe "oh mio dio abbiamo nel partito uno che dice le stesse cose di uno dell'altro partito", ma è sbagliata.
È sbagliata perché il PD è, o aspira a essere, un partito di massa, e partito di massa significa che si prende un modello economico e sociale che comporta una redistribuzione della ricchezza (in un verso o nell'altro), si ha una struttura territoriale, uno stato maggiore (segreteria), un metodo di selezione dei dirigenti, e soprattutto che si cerca di prendere un bel po' di voti, diciamo un 30% (magari).
Da qui è evidente che questo tipo di partito deve abbassare alcune soglie di accettabilità, e nella maggior parte dei casi queste soglie sono proprio i diritti civili, intesi come quelli che non sono già nella Costituzione.
Questo non perché, ci fosse bisogno di dirlo, abbiano minore importanza, ma per la ragione storica per cui un'aggregazione politica grande non si è mai realizzata su temi del genere, neanche quando, come per esempio nel caso della legge 194, questi erano largamente maggioritari tra gli elettori.
Il problema è che l'idea di partito di massa confligge malamente con l'idealismo, il che è causa di innumerevoli discussioni che non hanno nessuna speranza di trovare una sintesi.
Se siete degli idealisti guardate altrove, non fatevi salire la pressione perché si fanno (aaaargh) compromessi, e soprattutto non fate salire la pressione a me cercando di farmi cambiare idea.
Con questo però non voglio dire che l'onorevole Merlo sia esente da critiche.
Per quanto il suo commento sia personale, dato che non ha incarichi di segreteria, quello che dice non va bene, e non per le sue personali convinzioni in materia di uomini mano nella mano, ma perché mette nella sua equazione due termini che non sono in nessun modo confrontabili.
È doveroso, per un membro dell'opposizione, mettere all'indice i tagli del governo, ma non bilanciarli dialetticamente con la critica a una reclame che onestamente è soltanto paracula, e quindi per definizione azzeccata.
Bisogna far capire agli elettori dove si sta politicamente, senza "ma anche".
Nel caso ciò sia impossibile, almeno sedere in commissione Affari Costituzionali, dove di tempi morti ce ne sono assai di meno.
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