All'inizio, ma io non so mai quando è l'inizio, sono narratore, e va bene.
Un po' come il Manzoni dei Promessi Sposi, guardo da fuori, e sono euforico.
Non sono interessato alla vicenda, la racconto, e sono più euforico ogni volta che c'è da raccontare un dettaglio nuovo, una parola, un gesto della mano, basta poco.
Non è male, tende a infinito, o almeno credo, fino a quando faccio finta di scordarmi che l'infinito esiste solo nell'esame di Analisi I.
Poi divento penitente.
Il passaggio è complesso, come fa un narratore a diventare penitente?
Basta poco, una parola, un gesto della mano, e provo una strana sensazione che mi ricordo da quando sono nato.
Sento un sapore metallico in bocca, e lo sentivo quando da ragazzino venivo beccato con le mani nel sacco, o quando all'università mi facevano la domanda dove non sapevo neanche inventare.
La collego, chissà perché, al senso di colpa o alla paura di una punizione.
Prima che mi venga in mente di capire di cosa sarei colpevole, sento l'impellente necessità di espiare in qualche modo.
Nel giro di pochissimo, da penitente valuto ogni possibilità, come la vignetta in cui Snoopy pensa miliardi cose da quando Charlie Brown gli lancia il biscotto a quando lui lo addenta.
(Mi sono sempre chiesto se il divino Schultz voleva dirci che Charlie Brown è ciò che non si dovrebbe mai essere).
Talvolta, magari, viene in aiuto qualcuno, non che lo abbia cercato, ma evidentemente la faccia da penitente si vede.
Allora, a questo punto procedo.
Non è difficile, è come prendere un grosso utensile e darselo fortissimo su una mano.
Possono succedere due cose.
L'utensile si dissolverà, resterò sorridente con la mano vuota, e vorrà dire che una splendida magia si è realizzata.
Oppure mi farò un male tremendo, sangue, fratture, e non potrò fare nulla con quella mano.
Poi le fratture si salderanno, le ferite si rimargineranno, sentirò un po' di dolore, poi sempre meno.
Rimarrà qualche dolorino quando farò qualche movimento, un ricordo che svanisce, la sensazione che l'arto è di nuovo mio, un sorriso un po' beffardo.
Allora, sarò pronto per ricominciare.
22 giugno 2006
Adesso metafore
Scritto da Numero 6 alle 13:53
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A volte nelle fasi da penitenziagite acuta si può sperimentare la fortuna che non importavano + di tanto la parola o il gesto compiuto, perché già la fase narratrice aveva, senza saperlo, colto nel segno.
RispondiEliminaA volte no. Ciascuno coi propri ritmi ma tocca imparare a gestire anche queste situazioni, se si vuole tornare a cercare quella fortuna.
Bimbeeee: mandategli tanti baci! Oddio, tanti no altrimenti mi passa troppo fasi: up, down e di nuovo up... poi non lo recuperiamo più :-)
stai suuuuuu stai suuuuuuu come dicono i conigli!!
RispondiEliminakzissou
Ohi ciccio.. la prossima volta che ci vediamo mi conti tutto.. per ora mi associo ai tuoi amici e mi presto da stampella.
RispondiEliminaIo direi che dovresti cmq in ogni occasione tenere sempre salde in mente le ultime 5 righe che hai scritto. Non per ripartire da lì ma per partire da lì come narratore, per riscrivere la storia.
RispondiEliminaUn abbraccio :-*
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