"People, Prima le persone, è una manifestazione che sabato ha portato in piazza decine di migliaia di persone a Milano per chiedere la fine della discriminazione di stranieri e immigrati e della divisione dei cittadini tra chi ha diritti e chi non ne ha per decreto legge. Per fare un paragone poco più di un anno fa erano i giorni della sparatoria di Macerata, un momento in cui una simile manifestazione sarebbe stata, come in effetti è stata, del tutto inimmaginabile. C’è in giro per l’Italia qualche segnale, timido e in cerca di aiuto, di ribaltamento della retorica governativa sull’immigrazione. E non solo, grazie al cielo (e grazie a quel milione e mezzo di elettori che domenica hanno votato alle primarie del Pd)."
05 marzo 2019
05 gennaio 2019
In attesa della Megacoalizione surinamese
"Cose come le scissioni pachistane o la Megacoalizione del Suriname, su cui prima o poi scriverò qualcosa, sono una mia passione proprio perché su Left Wing ho capito che la classe dirigente di questo paese, l’Italia, non il Suriname, ha deciso di provare ogni sistema elettorale esistente e magari di inventarsene qualcuno alla bisogna."
Scritto da Numero 6 alle 18:23 0 commenti
04 aprile 2018
Soluzione elvetica per la crisi italica
"Cara Left Wing,
è passato molto dall’ultima volta che ti ho scritto e a quanto pare abbiamo votato e stiamo cercando di fare un governo, tra molte difficoltà e veti incrociati. I veti incrociati, diciamolo, è un’espressione bellissima, con quel nome a metà tra robot giapponese e idraulica casalinga, ma torniamo all’assillante problema del governo: esiste un modo di far governare partiti che non vogliono stare insieme manco morti? Nel mondo questo problema è mai stato risolto in qualche modo? Forse abbiamo la soluzione vicino casa. La Svizzera, il nostro vicino noto per avere inventato l’orologio a cucù e la serie Frontaliers, è anche il paese dei governi a cui partecipano pressoché tutti i partiti, e nessuno è così volgare da litigare per i nomi dei ministri."
Scritto da Numero 6 alle 10:14 0 commenti
La soluzione maltese all'ingovernabilità
"Cara Left Wing,
come sai quest’anno è particolarmente ricco di quelle elezioni che a noi piacciono tanto. Votano gli inglesi, i francesi, i tedeschi, qualcuno dice perfino noi italiani, proprio per questo ti volevo parlare delle elezioni a Malta. Perché Malta, ti chiederai. Perché ci sono un sacco di buone ragioni, dico io. Dobbiamo conoscere i paesi che ci stanno vicini, altrimenti non possiamo lamentarci se poi non ci votano all’Eurofestival."
Scritto da Numero 6 alle 10:11 0 commenti
15 marzo 2017
Riformismi olandesi
"Cara Left Wing,
sai che a me piace andare nei paesi dove si vota per chiedere in giro cosa ne pensano delle elezioni, come in Olanda domani? In Olanda ci vado sempre volentieri, sono strani, hanno il re all’Aia, il governo all’Aia e la Camera dei Deputati (che qui si chiama Seconda Camera) all’Aia, però la capitale è Amsterdam. A dire il vero hanno anche una Prima Camera, sempre all’Aia, una specie di Senato composto di rappresentanti degli enti locali non eletti direttamente e che non scrive leggi, che forse non è una cosa così strana. Devo averne già sentito parlare da qualche parte."
Scritto da Numero 6 alle 15:44 0 commenti
21 febbraio 2017
Le scissioni più pazze del mondo
"Le scissioni, si dice, sono parte della storia della sinistra italiana. Anzi, ne sono proprio la storia. Dalla scissione di Livorno in poi comunisti e (soprattutto) socialisti sono andati avanti di divisione in divisione, tra cui non poche all’origine di partiti di cui non si è sentito parlare mai più. Ma sarebbe un errore pensare che solo noi italiani di sinistra siamo in grado di generare scissioni a ripetizione. Il mondo è pieno di scissioni originali. Una delle migliori è la scissione alfabetica."
Scritto da Numero 6 alle 11:46 0 commenti
13 febbraio 2017
Gli ultimi giapponesi
"C’è una poco nota favola giapponese, una storia tra fantasia e realtà di cui non abbiamo un quadro completo ma molti frammenti, che ci permettono di ricostruirla quasi per intero. È la favola della giovane Kōsen, che un giorno divenne sindaca di Tokyo. Kōsen veniva da un partito che non aveva mai governato la città, il Partito dei Cinque Sol Levanti, e su di lei c’erano grandi aspettative e grande curiosità. La favola ci racconta anche la storia delle persone che Kōsen scelse per amministrare, in particolare tre: l’assessore al Bilancio, l’assessore all’Ambiente e l’assessore all’Urbanistica."
Scritto da Numero 6 alle 11:41 0 commenti
26 novembre 2016
L’importanza delle domande
"Se oggi qualcuno mi dicesse che il bicameralismo paritario è una buona idea che va difesa, che permette il controllo di una camera sull’operato dell’altra o che evita di promulgare leggi seguendo ondate emotive, gli risponderei che invece è inutile da settant’anni. Avere due camere non ha mai evitato che si approvassero leggi sciocche o dannose. Non ha nemmeno permesso di avere leggi soltanto decenti quando sarebbe stato il tempo, come nel caso della violenza sessuale o delle unioni civili. Grazie di tutto, ma il bicameralismo paritario può riposare in pace."
Scritto da Numero 6 alle 17:14 0 commenti
15 marzo 2015
[Addio #friendfeed]
Mi ricordavo di avere qui a destra il link al mio feed di Friendfeed e visto che chiude tutto volevo toglierlo, ma evidentemente ci avevo pensato già tempo fa, chissà per quale ragione.
È il socialcoso a cui ho dedicato più tempo, sicuramente molto più che a questo blog, un po' mi dispiace che sbaracchi così, ma pazienza, ci inventeremo qualcos'altro.
Scritto da Numero 6 alle 20:50 0 commenti
30 giugno 2014
Sapete verso che ora di quale giorno finisce Italia - Uruguay?
Credo che ci siano almeno tre squadre, Italia, Brasile e Germania, che ai mondiali vanno con un solo obiettivo: vincere. Vincere e basta. Se ne possono probabilmente aggiungere altre ma queste per me sono fuori discussione.
L'obiettivo massimo non è dato da altro che dalla loro storia, hanno vinto tanto, hanno vinto di recente, fanno parte del gotha, dell'aristocrazia, e come a tutti gli aristocratici non è loro permesso avere debolezze da borghesi.
Dire che si va per fare bene, per finire tra le prime otto o le prime quattro, è quell'intruglio di scaramanzia, rispetto e falsa modestia che accompagna il calcio da sempre, ma che, lo sappiamo tutti, è rito mediatico, non sostanza.
Ovviamente una sola vincerà, mentre le altre faranno una serena analisi della sconfitta.
Altrettanto ovviamente una del trio suddetto, uscendo al primo turno, realizza un chiaro e indiscutibile fallimento, che può essere superato solo dal non qualificarsi.
All'Italia non capita dal lontano 1958, ed è uno dei motivi per cui siamo aristocratici.
Se domani giocassimo Juventus - Livorno, o Bayern Monaco - Eintracht Braunschweig che è la stessa cosa dato che ho scelto prima e ultima degli ultimi campionati, ci aspetteremmo la vittoria della Juventus o del Bayern.
Ce lo aspetteremmo perché la Juventus ha giocatori tecnicamente più forti e perché vince spesso.
Può succedere che però vinca il Livorno, e può succedere per mille ragioni che sono parte integrante dello sport stesso: perché la condizione fisica della Juventus non è eccellente, perché i campioni sono in infermeria, perché magari il risultato è ininfluente e si gioca al piccolo trotto.
Tutto lecito e sportivo, ed è proprio la grandezza del calcio quella di accorciare così tanto la distanza tra forti e no in base a così piccole variabili, ma questa grandezza non può mai consentire di dire che il Livorno o l'Eintracht sono forti, casomai consente di dire che la Juventus o il Bayern non sono stati all'altezza.
Quindi, per tornare ai giorni nostri, la Costa Rica non è forte, è una squadra volenterosa, gioca con quella caratteristica tipicamente latinoamericana che nel mio dialetto si chiamerebbe tigna, ma resta una nazionale dove i migliori giocano nell'Olympiacos e nel PSV, non proprio i vertici del calcio mondiale.
Dire che la Costa Rica è forte è ammissibile solo con lo stesso tono di Nanni Moretti che parla di Spinaceto.
Le cose suddette portano alla chiave di volta del tifoso arrabbiato: l'aspettativa tradita.
Il Sassuolo ha fatto 23 punti meno del Milan, ma chiedendo al milanista un punto di vista sulla stagione otterremo un commento coperto da una serie di bip. Perché il Sassuolo è la squadra debuttante di un paesone emiliano, mentre il Milan è élite, e non può finire a distanze siderali dal vertice senza conseguenze.
Prandelli due anni fa portò la Nazionale in finale all'Europeo, perdendo malamente la finale con la Spagna, ma quella Spagna era inarrivabile, non per lui, ma per chiunque, e pochi pretesero la sua testa.
Ma l'Europeo non è il Mondiale, e al Mondiale siamo stati inguardabili, doppiamente colpevoli perché è già la seconda volta che usciamo zoppicando.
Come dice un mio amico del Napoli, è un po' difficile che dopo due anni di campionati vinti e di miglior difesa la Nazionale possa essere Juventus-free. Volevamo il blocco del Verona? Quello del Genoa? No, questo avevamo.
Ma per la condizione atletica, per la velocità dei giocatori paragonabile a quella di un gruppetto di pensionati, per l'aggiornamento dei libri di fisica che metteranno Thiago Motta come nuovo esempio di un oggetto in quiete rispetto a un sistema di riferimento inerziale invece sì, ci sarebbe da fare qualche domanda a chi, in base soprattutto alla condizione, sceglie chi va e chi no.
Erano già così a Coverciano nel preritiro? Erano già così e li abbiamo portati lo stesso? Non stavano in piedi ma davano segni di miglioramento? Andavano a duecento all'ora ma l'aria di Manaus li ha atterrati?
Non lo sapremo, anche perché il vertice, da Abete a Prandelli a molti giocatori, passerà la mano. Al limite concederà un'intervista da Fazio piena di sì, be', insomma, pensavo, credevo.
A proposito di chi passa la mano, ho trovato abbastanza divertente, proprio perché di pessimo gusto, lo scaricabarile finale che, anche se non ce n'era bisogno, certifica il fallimento senza attenuanti.
Buffon e De Rossi, in particolare il secondo che non ha giocato esattamente un mondiale indimenticabile, dovrebbero tenere a mente che Balotelli con tutta probabilità farà parte anche delle prossime nazionali, loro no.
C'è un tempo per fare i mondiali e un tempo per fare le pubblicità.
Dovrebbero farsi spiegare qualcosa da Totti.
(il titolo del post viene da questo twit)
Scritto da Numero 6 alle 14:40 0 commenti
Etichette: AS Roma e gioco relativo
11 novembre 2013
Sistemi elettorali freschi per bipolaristi marci: Bhutan
Nella lunghissima ricerca italiana del sistema elettorale perfetto, quello che garantisce governabilità e rappresentatività, quello che rende chiaro a tutti chi governa e chi no, quello che impedisce i ribaltoni e garantisce all'incontestabile capo maggioranze bulgare, si fa per dire dato in Bulgaria hanno il proporzionale, ci si è sempre incagliati su alcuni scogli per cui non esiste casistica internazionale da cui scopiazzare.
Ho detto italiana ma in realtà bisognerebbe dire del Partito Democratico, dato che sull'altra sponda la riforma elettorale quando gli è servita l'hanno fatta senza troppi giri di parole.
Dice il pensiero dominante che dovrebbero esserci due partiti, non due coalizioni, ma non si può imporre per legge il numero di partiti, partiti che quei birbantelli degli elettori continuano a votare in gran numero.
E dice, lo stesso pensiero, che dovrebbe esserci una maggioranza abbondante, per neutralizzare quei parlamentari che avessero l'ardire di votare in dissenso dal governo.
Abbandonato dunque dal PD il sistema francese, che come visto non garantisce tutte queste indispensabili cosette senza cui pare che l'Italia sia ingovernabile, ci si è avventurati in soluzioni piuttosto bislacche, il più delle volte descritte anche un po' superficialmente, tra cui la più recente è quella di fare un secondo turno tra i due partiti che andassero meglio degli altri.
Originale, vero? E invece no, e qui, nel piccolo di questo blog, mi permetto di dire che tale soluzione invece già esiste, ma forse i nostri noti esperti di sistemi elettorali non l'hanno considerata in quanto non proveniente dall'Europa, continente che in gran parte comunque si ostina ad avere quasi tutti sistemi proporzionali brutti e cattivi.
Presentiamo quindi il Bhutan, stato che prima dei tempi di Google e Wikipedia avremmo dovuto cercare su un atlante ottenendo qualche dato geografico e nulla più.
Il Bhutan è un piccolo stato a nord dell'India, fatto praticamente solo di montagne al cui confronto il nostro Monte Bianco verrebbe considerato una collinetta, governato fino a pochi anni fa da una monarchia di quelle con il re, la regina, i nobili, eccetera.
Il padre dell'attuale re decide, qualche anno fa, che la monarchia assoluta però è terribilmente burina, non è più cosa, e apre il paese alla democrazia abdicando subito dopo.
Seguono a questo punto, immagino, accese discussioni in dzongkha, la lingua locale, su come evitare sistemi elettorali con troppa frammentazione, con rischio di ribaltoni, con le tremende larghe intese, insomma immagino i legislatori bhutanesi che parlano proprio dell'Italia e alla fine producono questo semplice sistema che viene descritto in otto righe in inglese (per fortuna sono del tutto bilingue).
In Bhutan si fa così: al primo turno tutti i partiti, quanti se ne vogliono, si presentano in tutto il paese per un voto di lista, senza candidati o coalizioni; fatto il primo turno i due partiti più votati hanno il diritto di piazzare il loro candidato nei 47 collegi uninominali, numero dei parlamentari della camera bassa.
Di fatto a questo punto ci sono 47 ballottaggi tra due e solo due candidati, quindi un partito vince e l'altro perde, rendendo il sistema semplice ed elegante, maggioritario e bipolarista, senza neanche bisogno di un premio di maggioranza che qualche parruccone della nostra Consulta potrebbe trovare discutibile.
Chiedo quindi a questo punto, perché non dare a Cesare quel che è di Cesare? Perché invece di nomi buffi come "ispanico" i candidati alla segreteria del PD non dichiarano apertamente di essere per il maggioritario alla bhutanese? Basta con questa esterofilia che vale solo per Europa e Stati Uniti, il mondo cambia, è tempo di dirsi anche a favore degli stati dell'Asia del Sud.
Non bastasse questo argomento, visto che come si suol dire un'immagine vale più di mille parole, provate voi ad avere una foto di governo così.
Scritto da Numero 6 alle 13:09 3 commenti
08 novembre 2013
Sistemi elettorali freschi per bipolaristi marci: Francia
La proposta di riforma elettorale del Partito Democratico, almeno fino alla segreteria Bersani, era il doppio turno di collegio. Il doppio turno è usato in diversi paesi, ma quello più noto in cui serve per eleggere tutto il parlamento è la Francia.
Il sistema francese viene spesso descritto come simile all'elezione del sindaco italiano, nonché come garanzia di maggioranze solide. In realtà è un po' diverso.
La Francia ha 577 deputati, quindi è divisa in 577 circoscrizioni di cui 11 estere, le quali votano esattamente allo stesso modo della Francia continentale.
Al primo turno i partiti presentano le loro candidature nelle singole circoscrizioni. Non sempre i partiti, compresi quelli maggiori, coprono tutte le circoscrizioni, dato che non è raro l'uso di accordi di desistenza tra partiti dello stesso schieramento.
A questo punto si vota e possono succedere due cose. Nel caso che uno dei candidati prenda la metà più uno dei voti espressi e che i suoi voti siano almeno un quarto degli aventi diritto nel collegio va dritto all'Assemblée nationale, altrimenti si va al secondo turno di ballottaggio, dove chi prende più voti vince e basta.
Chi partecipa al ballottaggio? Chi ha preso almeno un ottavo (12,5%) dei voti degli aventi diritto.
Teoricamente, con un'affluenza del 100%, si potrebbe avere un ballottaggio tra otto candidati, eppure se si vanno a vedere i ballottaggi si trovano, tranne poche eccezioni, sempre due candidati.
La prevalenza del ballottaggio a due è la vera chiave del sistema francese, e non ha nulla a che fare con il sistema elettorale, ma con un usanza che non è sancita da nessuna parte, pur venendo rispettata in modo quasi religioso.
I partiti francesi si riconoscono in due schieramenti, destra e sinistra: al momento del ballottaggio solo i candidati che hanno preso più voti a destra e a sinistra competono, mentre gli altri, anche se potrebbero, si ritirano, convergendo sul più votato.
L'appartenenza agli schieramenti è dichiarata in partenza: a sinistra
c'è il Parti Socialiste, i resti della galassia comunista che oggi si
chiamano Front de Gauche, i Verdi; a destra l'Union pour un mouvement populaire, che è il vecchio RPR gollista ampliato con altre piccole formazioni,
più vari partiti centristi e liberali talvolta nati dalla
disintegrazione dell'Union pour la démocratie française, che in Italia
chiamavamo giscardiani e che era schierata a destra.
Tutti e due gli schieramenti includono piccoli partiti regionali e i
"divers", gli indipendenti, che spesso hanno un ruolo impotante.
La ragione di questo è semplice: se due o più candidati di uno schieramento passassero al secondo turno insieme a uno dell'altro i voti degli esclusi potrebbero convergere su quest'ultimo, vanificando il vantaggio in una classica situazione da due litiganti con il terzo che gode.
Due caratteristiche culturali aiutano in
maniera decisiva il funzionamento del sistema francese: la sostanziale
assenza di crolli dell'affluenza tra primo e secondo turno e il rispetto
da parte degli elettori del voto allo stesso schieramento.
Meglio della teoria un esempio: Lione, dove il verde Meirieu, che avrebbe i requisiti, si ritira, sostenendo implicitamente (e facendo vincere) l'indipendente di sinistra Braillard.
Non tutto però è destra o sinistra, e ci sono eccezioni. Le due più importanti sono il MoDem di Bayrou, quello che piaceva tanto a Fioroni e che è un'altro pezzo della defunta UDF che però ha scelto la via solitaria, e soprattutto il Front National.
Quando uno di questi ha i requisiti per il ballottaggio si verificano i casi con più di due candidati.
Per esempio questa circoscrizione del Gard, dove c'è un terzetto con il FN, oppure questa dei Pyrénées-Atlantiques, dove il suddetto Bayrou perde il suo seggio sempre in uno scontro a tre.
Più su si è detto che il ritiro dei candidati peggio piazzati di uno schieramento non è una regola scritta, e infatti, anche se rarissimamente, viene violata.
Questo succede in particolare quando, per le ragioni più disparate, tra i due non corre buon sangue.
Il caso più famoso è quello di Olivier Falorni a La Rochelle, che pur essendo dietro al primo turno ha deciso di non ritirarsi, gesto che avrebbe lasciato via libera alla socialista Ségolène Royal dato che la candidata di destra non era passata.
Falorni era un socialista, ma non aveva condiviso la scelta dall'alto di candidare la Royal nel suo collegio, dunque aveva deciso deciso di candidarsi da indipendente di sinistra.
Il sistema francese fornisce praticamente sempre la maggioranza di uno dei due schieramenti ma non sempre quella di un partito, anche se questa maggioranza, non essendoci fiducia parlamentare al governo, non è importante come lo sarebbe in Italia.
Ma questo, al nostro paese i cui birbantelli elettori si ostinano a non ragionare in modo bipolarista e maggioritario, non può bastare: potrebbero non seguire l'accordo di schieramento o peggio starsene a casa al secondo turno.
Infine, con tre grandi partiti e non due come in Francia, ci sarebbe il rischio di non avere la megamaggioranza che proprio al PD spetterebbe nel dorato mondo dei sondaggi.
Di recente dunque il Partito Democratico ha cambiato idea, spostandosi sull'originale doppio turno di coalizione con premio, abbandonando quindi il francese.
Inutile ripetere che in nessun paese del pianeta si vota per una coalizione, e anche il premio di maggioranza è molto raro, ma a onor del vero andrebbe detto che un posto dove si è riusciti a realizzare il doppio turno che restituisce sempre e immancabilmente una maggioranza, cioè il sogno di Violante e d'Alimonte, esiste, e gli andrebbe tributata almeno la paternità dell'idea.
Sarà il tema della prossima puntata.
Scritto da Numero 6 alle 19:01 0 commenti
04 ottobre 2013
Uomini in barca
La catastrofe di Lampedusa ha poco a che fare con l'immigrazione in senso stretto, così come c'entra poco con la pessima legge Bossi - Fini, la quale sarebbe da modificare radicalmente a prescindere.
Gli immigrati dei "barconi" sono profughi, non arrivano da paesi poveri ma da zone di crisi regionale come Siria e Somalia oggi, o Iraq e Afghanistan ieri.
Non ci vorrebbe nemmeno molto a intuirlo, dato che nessuno ha mai visto un cinese o un rumeno su queste carrette.
Se abbiamo proprio voglia di andare oltre i soliti status di Facebook che dicono "Mai più!", "Preghiamo", o che mettono una foto con un po' di morti presa da un giornale a caso, proviamo a smontare le parole vuote che da anni vengono ripetute ogni volta in situazioni del genere.
Diciamo che la panzana del pattugliamento delle coste non è attuabile a meno di non mettere una motovedetta ogni chilometro, per giunta nelle acque territoriali di altri paesi.
Diciamo che gli accordi con i paesi nordafricani sventolati orgogliosamente da certi governi sono carta straccia, e non per cattiva volontà, ma perché le organizzazioni criminali che trafficano in disperati hanno una capacità enorme di rilocazione e corruzione, ben al di là delle possibilità di questi paesi di far applicare certi accordi.
Diciamo che se è giusto, come credo anche io, che un solo paese non può farsi carico di crisi che possono esplodere in qualunque momento o luogo e che il problema dovrebbe essere europeo, la risposta dell'Unione è stata la creazione della sua agenzia più inutile (e inutile è un complimento), Frontex, che si premura di farci sapere quanto è costato il rimpatrio di un po' di albanesi.
Diciamo, già che siamo al tanto reclamizzato semestre di presidenza italiano, che la politica europea in materia di risposta alle crisi è inesistente, e va inventata da zero.
E ricordiamo pure al rattristato ministro-segretario Alfano, che a quanto pare è in vena di cambiamenti, che quel partito in camicia verde a cui il suo decadente padrone ha regalato un'alleanza indistruttibile e tre regioni del nord oggi non trova di meglio da fare che prendersela con i "messaggi che attirano la gente", come se a organizzazioni mafiose transnazionali fregasse qualcosa delle dichiarazioni della Presidente Boldrini, come se fossero i poveracci in barca a decidere la rotta.
Già è stato discutibile allearsi con degli schifosi razzisti, figuriamoci se sono pure in malafede.
Scritto da Numero 6 alle 13:32 0 commenti
Etichette: All'inizio era un commento
28 dicembre 2012
Orfini, a voi romani
Perché "voi"? Perché me ne sono andato in collina before it was cool e quindi non posso votare per le primarie a Roma città. Pazienza.
Però vi dirò per chi votare.
Orfini è quello che per il PD si occupa di cultura e informazione. Io lo sapevo già perché lo conosco, ma in seguito c'è stato altro che me l'ha reso più chiaro.
Per casi della vita conosco un sacco di restauratrici, e anche se la grammatica vorrebbe che usassi il maschile lo scrivo al femminile, perché sono quasi tutte donne.
Queste restauratrici un giorno mi spiegano che c'è un concorso, al termine del quale o si diventa restauratrici o si diventa niente.
Non conta cosa hai fatto, non conta se sei stato in cantiere per decenni, non conta se hai messo le mani sul Colosseo o sul Cristo morto del Mantegna, o sei dentro o sei fuori.
Vi ricorda per caso il recente concorso scuola? Probabile, perché parte dallo stesso concetto di società della destra: un cerchio di fuoco che se viene saltato destina alla gloria, se no a una vita da precari o sottoqualificati.
Ora alle restauratrici e a Orfini questa legge, quella del concorso, faceva un po' schifo, e a dire il vero anche a me, ma io sono meno importante.
Da qui quindi comincia la storia, raccontata da lui, di come si è riusciti a modificare quello scempio, ed è una storia da leggere, perché fa capire come dovrebbero essere risolti i problemi di una categoria: parlando con chi le rappresenta, facendo una proposta che possa raccogliere maggior consenso possibile, trovando le persone che possano portarla avanti.
In due righe pare facile, ma non lo è, soprattutto se la maggioranza parlamentare è proprio di quelli che avevano scritto la legge precedente.
Posso capire che in un periodo di gente che dice che se non si fa come dico io me ne vado, anzi, se non si fa come dico io scrivo il programma di un altro partito, cose come il dialogo o il compromesso appaiano un po' démodé, però io vorrei che invece si agisse il più possibile in questo modo.
E vorrei pure che non si prendessero categorie intere a caso, siano iscritti FIOM, tassisti, insegnanti o rumeni, e gli si buttasse addosso la croce come ha fatto la destra, e talvolta purtroppo anche il governo tecnico, ma che piuttosto ci si parlasse.
E immagino, so, che Orfini farà così.
Se arrivati fino a qui vi siete chiesti perché lo chiamo sempre Orfini e non con il suo nome, Matteo, è perché lo chiamano tutti così, anche la figlia.
Tanto sulla scheda dovete scrivere il cognome.
Scritto da Numero 6 alle 15:20 5 commenti
20 dicembre 2012
Chemical Chaltrons: Enjoy yourself! It could be your last Christmas…
Finalmente arriva dalla nostra scena underground la novità che tutti si aspettavano, seconda soltanto al recente concept-album di Orietta Berti & Marlene Kuntz (“Nuotando nell’aria finché la barca va”).
Infatti, dopo due album entrati nella storia - per la tossicità delle loro copertine - i Chemical Chaltrons, in concomitanza con le imminenti festività natalizie, tornano sulle scene con un progetto tutto nuovo dove rivisitano a modo loro le più celebri canzoni di Natale.
Il disco, in uscita il prossimo 8 Dicembre per la San Vittore Records, s’intitolerà “Enjoy yourself! It could be your last Christmas…” ed è stato finanziato a sua insaputa dallo IOR nonché prodotto artisticamente da Quinsi Gions, storico spacciatore di Michael Jackson durante la registrazione di “Thriller”.
Così, Antobel & Numero6, da sempre impegnati in ardite sperimentazioni fini a sé stesse, accompagneranno le vostre giornate di festa regalandovi, a vostre spese, tutte le più belle melodie natalizie che da sempre allietano grandi e piccini: e così, da “White Christmas”, riproposta in chiave hardcore (nonostante la diffida notificata dai legali di Sinatra) a “Jingle Bells”, completamente rinnovata dal suo arrangiamento black-
metal, passando dalla suite prog di 35 min. che veste di nuovi colori “Adeste Fideles”, fino alle ipnotizzanti convulsioni technodisco di “Tu scendi dalle stelle”, il duo labronico/capitolino rasenta con stile il vilipendio senza mai rinnegare le sonorità che lo hanno reso famoso nei circuiti delle scommesse clandestine e nelle toilettes dei treni regionali.
Un disco davvero indispensabile per chi vorrà crogiolarsi al tepore di un camino acceso nonché assaporare momenti di vero panico e terrore!
(le precedenti puntate)
Scritto da Numero 6 alle 04:13 3 commenti